Udine, addio al professore Roberto Maurizio: ha reso il Caucigh luogo d’arte e di cultura

UDINE. Si definiva un “traghettatore di taglietti”. Perché lui, da buon oste, aveva trasferito da un lato all’altro del bancone migliaia di bicchieri di buon vino. Ma Roberto Maurizio sapeva trasportare doni più preziosi nelle anime di chi lo circondava. Sapeva comunicare l’amore per la musica, sapeva trasmettere la passione per l’arte, sapeva comunicare l’interesse per la storia.
Il suo nome è e resta legato a quello del caffè Caucigh di cui era titolare dal 1986 assieme a Franco Fiorindo. Un legame indissolubile, che lo identificava con il locale di via Gemona. Ora che se ne è andato, martedì notte, vinto a 77 anni da una malattia che l’aveva colpito tempo fa, Udine si sente più povera. Culturalmente, innanzitutto. «Roberto aveva portato nella nostra città la gioia della musica». Lo ricorda così Rocco Burtone, responsabile della programmazione degli eventi nel locale.
«Non dimenticherò mai quando gli proposi – dice – di aprirsi ad altri generi musicali oltre al jazz, musica da sempre simbolo del Caucigh. Mi disse di sì, un altro con molta probabilità avrebbe detto di no. Invece non ebbe paura di aprirsi al nuovo. È una di quelle persone che dobbiamo solo ringraziare, non voglio usare frasi retoriche per descrivere un uomo di così grande cultura». Laureato in filosofia a Trieste aveva prima insegnato lettere a San Donà di Piave, a Portogruaro e quindi all’istituto udinese Percoto fino a quando aveva deciso di acquistare, assieme a Franco, la caffetteria più antica di Udine messa in vendita dai nipoti delle sorelle Ida e Maria Caucigh. Fu allora che iniziò a cercare, tra rigattieri e antiquari, i mobili che potessero dare una forte identità al locale, una sua anima. Come i due imponenti banconi e retrobanchi di fine Ottocento recuperati dal bar della stazione di San Donà.
Fu un restauro storico-filologico che fece rivivere un locale chiuso da tempo. Lo aprì al mondo. Lo fece diventare luogo d’arte e di musica, di eventi e concerti, di letture e poesie. Luogo di incontro per tutti. Per intellettuali e universitari, per lettori di quotidiani e appassionati di jazz, per chi lo sceglie per un pranzo veloce, per chi, qui, si sente a casa. «Era un antiquario che aveva il desiderio di creare un caffè che avesse stile ed eleganza – aggiunge Burtone –. Amava andare alla ricerca di quadri e di manifesti da appendere. Lui, con Franco, è stato non un semplice titolare ma un gestore moralmente, spiritualmente e commercialmente di un posto diventato quasi “sacro” per Udine». Roberto, originario di San Giorgio di Nogaro, ricordava la sua gioventù trascorsa al seminario di Pordenone quando da ragazzo voleva diventare prete. Poi però aveva cambiato strada, finendo gli studi nel capoluogo friulano. «Siamo amici dal 1986 – ricorda il giornalista Paolo Medeossi –. Mi colpì la sua passione per l’arte. Ricordo quando ospitò la bellissima mostra del pittore Celso Del Frate. Amava scoprire artisti, accoglierli nel locale, promuovere conferenze e incontri».
I funerali di Roberto Maurizio, che lascia il fratello Franco e i nipoti Elena, Arnaldo e Arnalda, saranno celebrati venerdì,19 luglio, alle 10, nella chiesa di San Quirino in via Gemona. Udine saluterà chi le ha insegnato l’amore per ogni espressione artistica. Chi aveva saputo unire e mai dividere, riscoprire, far conoscere e trasmettere la curiosità per il passato e per il presente. Chi aveva uno sguardo limpido verso il futuro.
«Un locale interclassista» l’avevano definito una volta Roberto e Franco. Da cui si guarda tutto il mondo, lo si scopre, lo si interpreta attraverso parole, note e pennellate su tela. Un luogo autentico dove si respira un profondo senso di libertà, in cui la tradizione si unisce alla modernità, in cui non si ha paura di sperimentare.
Un luogo dove si suona dal vivo e si fa «buona musica» come dice chi lo frequenta da sempre. E mancherà Roberto a una città intera. Che lo ricorderà mentre versava un vino rosso, di quelli buoni. E regalava una parola schietta, un pensiero profondo, un sorriso. In quel locale che parlava di lui.
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