Truffa del fotovoltaico La difesa prepara il ricorso in Cassazione
Processo sulla maxitruffa del fotovoltaico, atto secondo. La Corte d’appello di Trieste ha parzialmente aumentato le pene inflitte in primo grado all’imprenditore Marco Polino (11 anni e 4 mesi) e a...
Processo sulla maxitruffa del fotovoltaico, atto secondo. La Corte d’appello di Trieste ha parzialmente aumentato le pene inflitte in primo grado all’imprenditore Marco Polino (11 anni e 4 mesi) e a Massimiliano Straziuso (10 anni e 5 mesi) e confermato le condanne a 2 anni e 7 mesi per Morris Pessotto e a 2 anni per Massimo Tomasella. Non ha proposto appello Raffaella Parisi, madre di Polino, condannata a 2 anni e sei mesi per la bancarotta della Nova Autotrasporti srl. In primo grado il collegio presieduto da Eugenio Pergola aveva riconosciuto l’associazione per delinquere fra Polino, Straziuso, Pessotto e Tomasella, gli ultimi due con ruolo marginale. La domanda risarcitoria delle nove parti civili ammontava a 4 milioni e 130 mila euro. Confermata l’assoluzione perché il fatto non sussiste per l’ispettore della questura di Udine Giuseppe De Falco, che era stato accusato di rivelazione di segreto d’ufficio, favoreggiamento e concorso esterno in associazione per delinquere. La Procura aveva impugnato la sentenza d’assoluzione e aveva fatto ricorso in appello. Così aveva fatto anche il collegio difensivo – formato dagli avvocati Esmeralda Di Risio, Pierfrancesco Scatà, Antonino Di Pietro – impugnando la sentenza di condanna.
Dopo la stangata, i difensori di Polino e Straziuso annunciano ricorso in Cassazione, ritenendo le pene «inadeguate e sproporzionate rispetto alle condotte contestate» quando invece l’oggetto del processo attiene a «fatti distrattivi» e «alcuni inadempimenti contrattuali», «erroneamente considerati dai magistrati di rilevanza penale, tant’è vero che gli stessi inquirenti avevano richiesto l’archiviazione delle ipotesi di truffa più rilevanti per infondatezza della notizia di reato, poi superata attraverso l’imputazione coatta». I legali esprimono amarezza e preoccupazione per il rito abbreviato scelto per il processo, «inadeguato» a fronte di un’inchiesta molto complessa e lamentano che i loro assistiti «sono stati oggetto di un processo esemplare, non garantito, dove è stata data per scontata l’evidenza della prova con riferimento a tutte le condotte contestate, ai quali, di fatto, è stato impedito di godere delle più elementari garanzie difensive».
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