Trapianto di cuore a Udine, salvataggio da record: è l'intervento numero 500

Rischiava di morire al Sud a poco più di 20 anni, in volo a Udine su un C-130. L’espianto a Verona. Il professor Livi: «Il Santa Maria ora è ai vertici nazionali»

UDINE. Non voleva più saperne di funzionare il suo cuore. E, da una ventina di giorni, a tenerlo in vita era l’Ecmo, un macchinario che permette la circolazione extracorporea. Un intervento chirurgico non riuscito, una grave cardiopatia valvolare, tutto sembrava condannare a morte quel ragazzo poco più che ventenne.

Per salvare quella vita si è messa in moto una macchina operativa che ha attraversato l’Italia, coinvolgendo perfino l’Aeronautica militare e ha puntato sull’ospedale Santa Maria della Misericordia per effettuare con successo l’intervento. Non c’era modo migliore per celebrare lo storico traguardo dei 500 trapianti di cuore effettuati a Udine.

Lui ci è arrivato con un Hercules F-130 sul quale è stata imbarcata l’ambulanza attrezzata con tanto di équipe medica che lo assisteva. L’aereo militare è decollato da una località del Sud per atterrare all’aeroporto di Ronchi dei Legionari, quindi ha “sganciato” l’ambulanza a bordo della quale il ragazzo ha raggiunto la Cardiochirurgia di Udine. Ad attenderlo c’era il cuore di una donna di mezza età morta a Verona a causa di un’emorragia cerebrale.

Che per effettuare un’operazione di questa complessità sia stato scelto il Santa Maria la dice lunga sull’efficienza di un ospedale che, per quanto decentrato e piccolo, riguardo a quelli di altre città, dal 1985 a oggi ha inanellato una serie di primati a livello nazionale e internazionale.

«Udine è stato uno dei primi centri in Italia a partire con il trapianto cardiaco, dopo Padova, assieme a Bergamo e Pavia – racconta Ugolino Livi, primario della Cardiologia –. Da allora - osserva - abbiamo fatto parecchia strada e, nell’ultimo decennio, siamo passati da uno standard di 12 trapianti all’anno a volumi più che raddoppiati, tanto che Udine è ormai fra i primi centri in Italia».

Primo nel 2010, secondo nel 2011 e terzo nel 2012 per numero di trapianti effettuati, ma è la qualità, più che la quantità, a brillare in Friuli, visto che a fronte di un indice nazionale di sopravvivenza a un anno dell’83,5% Udine registra un 86%, mentre sul quinquennio si sale dal 75% su scala nazionale al 79% su base locale.

Di motivi per festeggiare ce ne sono tanti, certo, osserva Livi, ma si tratta di un successo corale. «Il trapianto è la cartina tornasole dell’efficienza di un sistema sanitario – osserva il professor Livi – quello che ne evidenzia luci e ombre, perché sono numerose le competenze chiamate a operare all’unisono, dall’autista dell’ambulanza, agli infermieri, dagli anestesisti ai chirurghi, ai tecnici dell’anatomia patologica, per non parlare di chi segue il post trapianto. Soprattutto – evidenzia – va reso merito al Dna dei friulani e alla loro generosità che rende così numerosa la base del dono e alla lungimiranza di chi, nel lontano 1985, ha saputo investire su Udine».

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