Tra Rosatellum-bis e alleanze al centro, benvenuti al gran ballo della campagna elettorale

UDINE. Parlamento, Regione, Comune (di Udine). La politica friulana ha accelerato in questa settimana forse come mai accaduto negli ultimi mesi e probabilmente non poteva andare diversamente con una campagna elettorale entrata totalmente nel vivo. Senza dimenticare che adesso, almeno e finalmente, abbiamo una certezza: il Paese andrà al voto con il Rosatellum-bis.
Cambia poco, direte voi. Mica tanto, rispondiamo noi. Perché il mix di maggioritario (36%) e proporzionale (64%) con il quale è composta questa legge scompiglia, e pure parecchio, le carte tanto a sinistra quanto a destra. E rischia – davvero – di regalare il Nord al centrodestra, che una coalizione ce l’ha già in tasca – a differenza della sinistra –, e a disegnare una Caporetto per il Pd in quel Fvg che verosimilmente verrà diviso in cinque collegi alla Camera e due al Senato oltre a due maxi-circoscrizioni regionali uniche in quota proporzionale.
Lasciando perdere le tecnicalità ed entrando nel dettaglio, questo significa che chi pensava di essere al sicuro con Italicum e Consultellum (come Franco Iacop al Senato), adesso tanto sicuro non lo è più e alza la posta interna. C’è l’alternanza di genere (massimo 60% di uomini in entrambi gli spezzoni di elezione), poi, e questo tende ad avvantaggiare le donne. Qualche nome? Quite easy, direbbero oltre Manica: Debora Serracchiani e Isabella De Monte – una che ha entrature non indifferenti a palazzo Chigi, sponda Maria Elena Boschi –, piuttosto che Laura Fasiolo e, forse, Gianna Malisani. Oppure ancora Sandra Savino, Vannia Gava e – perché no – nel Carroccio potrebbe pensarci anche Barbara Zilli.
Poi c’è la truppa degli uscenti (Paolo Coppola, Giorgio Brandolin che nell’Isontino conta parecchio e Giorgio Zanin), e di chi deve scegliere tra Parlamento e Regione come Massimiliano Fedriga ma che comunque, se lo vorrà, un posto in lista per la Camera lo otterrà con uno schiocco di dita. E poi ci sono gli outsider alla Stefano Balloch, che potrebbe infastidire la corsa di Massimo Blasoni, Elio De Anna a Pordenone, Luca Ciriani (il quale però outsider non è) che punta diritto al collegio pordenonese – vero quasi-feudo meloniano in Fvg – e Renzo Tondo (altro che non possiamo certo definire come uno da seconda linea) che attende di capire come andrà a finire il progetto “quarta gamba” del centrodestra di Raffaele Fitto.
Insomma, un mezzo guazzabuglio in cui le tessere del mosaico vanno ad innestarsi con i giochi (politici) per le Regionali. Preso nota che il candidato governatore grillino verrà scelto entro dicembre – come ha spiegato Elena Bianchi a TeleQuattro –, si balla, eccome, sia a sinistra che a destra. Nel Pd cerchiate in rosso i giorni attorno a metà novembre perché saranno quelli dell’Assemblea regionale in cui Sergio Bolzonello si attende un sostanziale via libera alla candidatura. I dem di Trieste resistono, as usual, ma al di là del richiamo all’età dell’oro di Riccardo Illy non sanno proporre un candidato alternativo di pari livello e forza (elettorale) rispetto al vicepresidente. C’è Iacop, è vero, ma come detto anela maggiormente a palazzo Madama che a piazza Unità d’Italia. Nel frattempo Bolzonello pensa allo schema di gioco. Il Pd come perno inamovibile con attorno un “tridente” di liste: Cittadini (con o senza Bruno Malattia dentro), Campo Progressista (sperando che la spinta di propulsione di Furio Honsell non si sia arenata al decimo anno da sindaco) e una civica moderata per provare a raccattare voti al centro.
Già, il centro. Stella polare di ogni elezione in Fvg – visto che è qui che si vincono le consultazioni – che a destra vive di vita nuova, almeno da venerdì. La vera novità di questa settimana, infatti, è l’asse moderato nato nel campo conservatore. Forza Italia, Autonomia responsabile e Alternativa Popolare hanno disegnato uno schema che – cancellando gli attriti del passato in nome di un comune interesse – potrebbe davvero spostare il baricentro della coalizione. Riccardo Riccardi, così, si è portato a casa due alleati di peso nella corsa per diventare candidato governatore, Tondo si è rimesso al centro della scena politica – sapendo pure che gli serve l’ok azzurro per una sua eventuale candidatura in un collegio uninominale – e Alessandro Colautti (assieme al compagno di viaggio Paride Cargnelutti, in quota tondiana) una exit strategy nel caso in cui non dovesse andare a buon fine la “battaglia” per provare a prendersi Udine. Se a questo, poi, ci aggiungiamo il «no grazie» pronunciato da Tondo alle ipotesi di lista unica civica con ProgettoFvg e Regione Speciale, bene si capisce come più di qualcosa rispetto al passato sia mutato nel blocco conservatore. Non in maniera da sciogliere i nodi (Roma o Arcore decideranno, come sempre, per tutti), ma che gli equilibri, nemmeno troppo lentamente, si stiano muovendo e modificando è un dato di fatto.
Resta Udine e non è poco. Il Pd cittadino ha rotto gli indugi – andando pure contro gli interessi di quello regionale – e ha ufficializzato la scelta di Vincenzo Martines che adesso ha davanti a sé almeno sei mesi di campagna elettorale per convincere gli elettori a non lasciare la strada vecchia per la nuova. Non sarà facile, ma è partito prima, conosce la città e si muove anche nelle divisioni del centrodestra. In settimana, infatti, abbiamo assistito innanzitutto al tragicomico “balletto” di Loris Michelini ospite di ProgettoFvg – il cui leader Sergio Bini continua comunque ad appoggiarlo – all’auditorium delle Grazie e nei giorni successivi. Da quello che si è capito lui resta in corsa – con la sua civica –, ma c’è anche e soprattutto Pietro Fontanini – probabilmente al momento il favorito a centrodestra – che finalmente ha espressamente ammesso di voler fare il sindaco di Udine.
Il problema, non da poco, è che nessuno da quelle parti ufficializza nulla. Si fanno tavoli tematici, si parla di programmi – quasi non vivessimo a livello locale in un sistema maggioritario dove con l’elezione diretta il candidato “veste” il programma –, ma si continua a restare nel limbo. E così per la classica regola secondo cui il vuoto in natura si riempie sempre ad approfittarne a oggi è essenzialmente Enrico Bertossi.
L’ex assessore di Illy si prende le pagine di giornale, risponde – quasi fosse il candidato del centrodestra già designato – alle uscite di Martines (quindi da “pari a pari”) e tratta in giro per la città. Insomma, fa passi avanti, parecchi. Niente di male se il centrodestra lo vorrà davvero come candidato per la coalizione, un errore clamoroso (per i partiti tradizionali, ovviamente, non per Bertossi) se andrà troppo avanti senza che Fi, Lega, Fdi e le civiche abbiano indicato un loro nome. Perché le elezioni si vincono e si perdono anche per una manciata di voti (citofonare a Serracchiani per informazioni in materia) e Bertossi è in grado di drenare fette di consenso non indifferente nei terreni di caccia tradizionali del centrodestra. Chi resta? Ah sì, il M5s anche a Udine. Qui pare che non ci saranno le "Comunarie" online, ma soltanto una cernita all'interno dei vari iscritti cittadini.
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