Tra diplomazia e archeologia Aquileia racconta la Serbia romana

Cristiano Tiussi ci illustra “Tesori e imperatori” ospitata a palazzo Meizlik ad Aquileia L’attenzione del visitatore è convogliata sull’elemento focale dell’esposizione: il Danubio 

Alla presenza dell’ambasciatore della repubblica di Serbia in Italia, Goran Aleksis, e della vice-ministro, Danijela Vanušic, il 10 marzo è stata inaugurata la nuova mostra della Fondazione Aquileia “Tesori e imperatori-lo splendore della Serbia romana”, ospitata a palazzo Meizlik fino al 3 giugno. L’esposizione, organizzata con il museo di Belgrado, la Soprintendenza archeologica alle belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il Polo museale del Fvg, il comune di Aquileia e l’Associazione nazionale per Aquileia, ci è stata raccontata dall’archeologo Cristiano Tiussi, direttore della Fondazione Aquileia e uno dei curatori della mostra.

Il focus della mostra è la Serbia: perché questa scelta?

Mi è stato chiesto se la Serbia facesse parte dell’impero Romano. E’ una terra che sentiamo lontana ma che ha punti di contatto importanti con Aquileia e l’Italia. Le relazioni intrattenute dal presidente della Fondazione Aquileia, l’ambasciatore Antonio Zanardi Landi, che è stato ambasciatore italiano presso Belgrado, ci hanno spinti a istituire nuovamente questo collegamento che nell’antichità era molto fiorente.

Si è parlato di vocazione europea della Serbia in base al comune passato romano: la collaborazione tra la Fondazione e il museo di Belgrado può rappresentare un’occasione di avvicinamento tra i nostri due Paesi? Una diplomazia dell’archeologia?

Io credo proprio di si. La fondazione ha in corso dei progetti europei che coinvolgono la Serbia, in particolare le città romane di Sirmium e Viminacium. I collegamenti sono solidi e pongono le basi per un dialogo più ampio di quello prettamente culturale.

Qual è l’importanza di impiegare nuove tecnologie come le installazioni in una mostra storica oggi?

E’ un’importanza sempre crescente. L’uso del multimediale non deve sostituire o sovrastare altri contenuti ma permette di porre attenzione all’aspetto di suggestione e emozione che i reperti senz’altro hanno ma che non sempre traspare dall’apparato didattico più classico delle didascalie esplicative. Con queste installazioni abbiamo voluto fare due cose: ricostruire alcune statue di cui possediamo solo pochi frammenti per render conto di come sarebbero apparse; la seconda è convogliare l’attenzione e su un elemento focale della mostra: il Danubio, confine dell’impero, strategico dal punto di vista militare, commerciale, culturale e religioso. I colleghi serbi hanno molto apprezzato questa rivisitazione poetica- emozionale del fiume.

Qual è il suo pezzo preferito?

Il diploma militare, un foglio di congedo rilasciato dopo 25 anni di militanza nell’esercito romano. La ricompensa per il soldato era la cittadinanza romana per se stesso e la famiglia. Essa significava il riconoscimento di diritti che prima non erano preservati. Fino al 212 d.C. non era appannaggio di tutti.

Qual è il reperto che il pubblico non può perdersi?

I tre elmi da parata del IV secolo d.C. in oro e argento arricchiti di paste vitree: essi testimoniano il livello di prestigio tributato agli alti ufficiali dell’esercito romano. Erano elmi che si indossavano forse una volta all’anno.



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