Torri, fortilizi, dimore: itinerari alla scoperta del medioevo friulano

La guida dell'architetto Gianni Virgilio patrocinata da Italia Nostra: 5 percorsi (47 siti) sulle tracce di un glorioso passato.

Le vie dei castelli sono sempre lastricate di sorprese, soprattutto in Friuli, dove ce ne sono tantissimi, fra visibili, rintracciabili in qualche rudere o soltanto immaginabili, poiché i segni sono stati cancellati dal trascorrere dei tempi. Una storia straordinaria, anche gloriosa, fondamentale per capire la società, la cultura, le vicende della nostra terra. E infatti scorrendo a tale riguardo i testi classici, come quelli di Pier Silverio Leicht, Pio Paschini, Carlo Guido Mior, Gian Carlo Menis, si può dire che non vi sia pagina nella quale manchi la citazione di un castello o di castellani protagonisti di eventi che accompagnarono la nascita, l'espandersi e la caduta dello stato patriarcale o della Patria del Friuli.

Una letteratura storica che poi, nel caso specifico, trovò la sintesi migliore nei sei volumi stampati dall'editore Del Bianco e coordinati negli anni Settanta dal professor Tito Miotti per svelare i risvolti di tanti fatti ancora oscuri. «Anche le nostre ricerche – disse a fine missione lo stesso Miotti, davanti ai casi dei manufatti più misteriosi –, se pur condotte con scrupolo, non sono comunque esenti da difetti: abbiamo tentato una lettura del tempo attraverso talune caratteristiche, ma (e non ci stancheremo di ripeterlo) solo indagini di scavo, accertamenti chimici e microscopici e la fortunata scoperta di reperti offriranno dati inconfutabili sulla loro periodizzazione. Evidente che noi mai avremmo potuto metterci a scavare. Sarebbero occorse le mitiche sette vite dei gatti, perché i sopralluoghi hanno interessato quasi mezzo migliaio di manufatti sparsi fra Timavo e Livenza, dalle Alpi Carniche al mare: una superficie di oltre 7.500 chilometri quadrati, battuta a tappeto in molti anni di perlustrazione».

Un mondo che resta affascinante anche al giorno d'oggi, un trentennio dopo, quando i castelli continuano a essere motivo di ricerche e pure di sorprese. Magari non cose clamorose, non rivelazioni strepitose, ma notizie che unite una all'altra contribuiscono a fornire un quadro più preciso e dettagliato del passato, in particolare del medioevo, partendo appunto dai sistemi di fortificazioni, dalla diffusione sul territorio, dai motivi che li originarono per capire prima di tutto com’era la vita di chi lì abitava. E allora fioccano le curiosità. Per esempio eccone una: la torre campanaria di Basagliapenta, il paesino situato lungo la statale pontebbana, fra Udine e Codroipo, tanto caro a pre Toni Bellina, potrebbe essere stata edificata sui basamenti di un'antica costruzione di difesa o di avvistamento di epoca altomedievale assieme a un insediamento testimoniato da cocci di mattoni e di tegole rivenuti in una località denominata Casteo.

Spingendoci invece verso il mare possiamo ricordare che anche la deliziosa Grado era in origine una città murata, essendo sorta come luogo in cui gli aquileiesi andavano a rifugiarsi per evitare le orde visigote. In seguito il castrum ebbe vita autonoma tanto da innescare la storica rivalità con la vicina città romana, situazione che sfociò nella crisi più clamorosa attorno al sesto secolo dopo Cristo quando, in seguito allo scisma dei Tre Capitoli, il patriarcato si spaccò. Ad Aquileia restò il capo religioso meno ortodosso, mentre Grado ospitò quello in linea con la Chiesa di Roma e Bisanzio. S’iniziò così la secolare disputa per la supremazia ecclesiale nei territori friulani, che minò le basi della convivenza. Fu infatti presto evidente che non potevano coesistere serenamente due sedi patriarcali vicine e antagoniste. Allora scoppiarono scaramucce e vere guerre finché Aquileia con Popone nel 1027 riottenne il totale controllo, ma solo nel 1451, con la bolla Regis aeterni, il Papa Nicola V ridimensionò definitivamente le velleità dei gradesi in merito al loro patriarca, che venne trasferito a Venezia (e dunque sono passati esattamente 560 anni da allora). Ridotta a una semplice pieve, l'isola subì nel tempo vari saccheggi, come quelli tremendi degli inglesi nel 1810, dei francesi nel 1812 e cadde infine sotto il dominio austriaco nel 1815 ricongiungendosi all'Italia solo nel 1915. Ben poco adesso si può trovare dell'antica fortezza gradese: restano visibili solo una parte di cinta fortificata, una casetta contraffortata e l'antica torre, rimaneggiata.

Se vi piacciono queste vicende, se è suggestivo fare un po' gli Indiana Jones nei luoghi vicino a casa, con escursioni turistico-culturali approfittando del tempo estivo, allora c'è un libro appena uscito che fa al caso, e dal quale abbiamo tratto gli spunti citati. Si tratta di Castelli da scoprire. Due passi fra storia e paesaggio (Forum editrice, 154 pagine, prezzo di copertina 18,00 euro) nel quale l'architetto Gianni Virgilio continua con passo spedito il suo viaggio, giunto ora al trittico in quanto in precedenza aveva già pubblicato Andar per castelli nel 2003 e Castelli senza confini nel 2009. Stavolta, il compito affrontato (con il patrocinio di Italia Nostra) è quello di esaminare le strutture fortificate attraverso i resti sopravvissuti alle ferite del tempo, mai dimenticando, come dice nella prefazione Marco Marra, che lo scavo archeologico resta il momento fondante per la comprensione storica di un territorio.

Il libro si propone così come manuale e soprattutto come guida indicando cinque itinerari da percorrere alla ricerca di queste tracce. Fra castelli e castellieri i luoghi sono ben 47, spaziando su tutta la regione. Per ciascuno di essi ci sono pure cartine, immagini e indicazioni bibliografiche. Ma la vicenda potrà avere un seguito in quanto, alla fine, sono segnalati altri 30 siti da scoprire. Fra quei nomi (Grossemberg, Luincis, Cesclans, Bragolino, Savalons, Sdricca eccetera) ognuno può cominciare una ricerca personale. E nessuno si demoralizzi se si tratta apparentemente di semplici rovine. Citando un libro di Aldo Nicoletti, Castelli abbandonati, Virgilio infatti afferma: «Spesso i ruderi non godono purtroppo di alcuna tutela, ma proprio perché ruderi, e in quanto tali inutili e ingombranti residui di un passato stramorto, essi sono particolarmente fragili e bisognosi di considerazione e protezione...». Belle parole, che valgono per i castelli, ma non solo. Tanto più se dietro quelle pietre possono celarsi misteri e segreti di un medioevo friulano poco conosciuto, per nulla banale.

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