Tornano i Serenissimi: in Friuli per chiedere Doge e indipendenza

Sabato 15 a Campoformido il simbolico rogo del Trattato. Fontanini: «Li posso anche capire, ma noi siamo diversi»
Interpress Pellicani Venezia, 25.04.2012.- San Marco, Manifestqzione "Repubblica Veneta" Gardin.-
Interpress Pellicani Venezia, 25.04.2012.- San Marco, Manifestqzione "Repubblica Veneta" Gardin.-

UDINE.  I Serenissimi sono ancora tra noi e tornano a battersi per l’indipendenza del Veneto, l’addio all’Italia e il ritorno del Doge – al posto delle istituzioni romane – a comandare sul territorio che fu della Repubblica di Venezia. Non parliamo, però, di quel gruppo di persone – per autodefinizione la Veneta Serenissima Armata – che nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1997 “occuparono” per qualche ora piazza San Marco e il relativo campanile prima di venire arrestati dei carabinieri. «No, noi, pur condividendo il loro spirito e i loro obiettivi, siamo un’altra cosa e, soprattutto, abbiamo scelto la forma della non violenza ghandiana per raggiungere i nostri scopi».

A parlare è Albert Gardin, presidente dell’autodefinitosi Governo Veneto – della repubblica di Venezia – che sabato prossimo si troverà a Campoformido per bruciare, simbolicamente, una copia dell’omonimo trattato (ufficialmente di Campoformio, causa errore di trascrizione francese) che nel 1797 mise ufficialmente fine all’esperienza della Serenissima con la cessione dei territori sotto il controllo di Venezia – compresa Istria e Dalmazia – all’arciducato d’Austria.

«Quel trattato per noi non è valido – continua Gardin – perché firmato da una potenza occupante, la Francia, che ratificò la cessione dei territori liberi della Repubblica veneta a un’altra potenza straniera priva di alcun tipo di diritto.

E così non è valido quel finto plebiscito organizzato dall’Italia nel 1866». Perché secondo Gardin «i veneti non hanno mai votato ufficialmente per la rinuncia alla loro indipendenza» e nel 1797 si è segnata la fine «della cultura, della storia e delle tradizioni di una nazione che rappresentava una potenzia europea».

Al di là dei fenomeni da avanspettacolo, però, resta da capire a cosa puntano, davvero, i novelli serenissimi che riportano, mentalmente, le lancette dell’orologio indietro di oltre due secoli.

«Siamo una resistenza politica – ha continuato Gardin –, priva di rivendicazioni etniche, che pretende il riconoscimento della cultura veneta. Nel concreto, però, vogliamo attirare l’attenzione della Francia.

Di quel Parlamento di Parigi, cioè, che lo scorso anno ha condannato lo sterminio del popolo armeno, ma che in questi secoli non si è preoccupato di chiedere nemmeno scusa per i danni irrimediabili che un suo cittadino (Napoleone Bonaparte ndr) ha inflitto alla nazione veneta».

E il Friuli, in tutto ciò, che fine dovrebbe fare secondo i novelli Serenissimi? «Era parte integrante della Repubblica veneta – ha concluso Gardin – per cui siamo pronti a riabbracciarlo, ma se i friulani, invece, vorranno essere liberi e indipendenti noi non ci opporremo».

E se sabato prossimo, a Campoformido, avranno inizio anche le votazioni per l’elezione del 121º Doge – “segrete” fino al 22 ottobre giorno della proclamazione a palazzo Ducale a Venezia –, non la pensa affatto come Gardin, Pietro Fontanini, presidente della Provincia di Udine e “difensore della friulanità” per antonomasia.

«Certamente posso capire le loro ambizioni – ha spiegato – e mi ricordo bene cosa rappresenti Campoformido per una parte considerevole del popolo veneto come mi ricordavano loro, spesso, quando ero sindaco della cittadina o parlamentare. La realtà, però, è ben diversa. Noi siamo, orgogliosamente, friulani con la nostra storia, le nostre tradizioni e le differenze, profonde, che esistono con i veneti».

Anche perché, e Fontanini ci tiene a sottolinearlo, riportando la memoria al 1420 quando Tristano di Savorgnan – da allora detto “Il traditore” – entrò a Udine con il vessillo di San Marco, la storia non comincia con la Serenissima. «Da quel momento il Friuli passò sotto Venezia – ha chiosato il presidente –, ma prima noi avevamo il patriarca e i friulani comandavano su almeno una parte di veneti».

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