Terremoto del Friuli, l'esempio e il ricordo nel 48° anniversario

A Gemona messa con l’arcivescovo e cortei. Il presidente Fedriga: «Quei giorni hanno cambiato per sempre la vita di questa terra»

Giacomina Pellizzari

«Le generazioni del terremoto stanno scomparendo, noi tutti abbiamo il dovere di continuare a ricordare le mille vittime, di cui 400 solo a Gemona, e la lezione che abbiamo tratto dalla tragedia del 6 maggio 1976».

L’appello lanciato da monsignor Valentino Costante, dall’altare del duomo, davanti ai fedeli commossi, è stato rafforzato dall’arcivescovo, monsignor Riccardo Lamba, nel cimitero di Gemona, davanti alle 400 tombe, tutte uguali, dove, come avviene a ogni anniversario, è stata deposta una corona di alloro.

Qui l’arcivescovo, in una delle sue prime visite sul territorio, ha ricordato che «siamo invitati da questo evento del 1976 a prenderci cura anche delle sofferenze dell’oggi.

Quante persone oggi non solo in Palestina e in Ucraina, ma in tantissime parti del mondo vivono questa stessa sofferenza». Lo stesso arcivescovo poi si è soffermato sul rosone in miniatura del duomo che aveva appena ricevuto in dono da monsignor Costante.

«Il rosone – ha detto – rappresenta l’unione, posso immaginare che in quei giorni alcuni abbiano avuto, comprensibilmente, la tentazione di andare via, ma vedere che attorno a questo rosone si univa la nazione, li ha convinti a restare».

E proprio perchè altri terremoti potrebbero tornare a distruggere ancora «questo rosone deve ricordarci che si può ricominciare».

Arrivato qualche minuto prima delle 21, la stessa ora in cui 48 anni fa, il sisma si abbatteva su queste terre, il nuovo arcivescovo di Udine ha attraversato a piedi il centro di Gemona pregando.

Il presule ha raggiunto, in processione, il camposanto. La sua presenza è stata letta da molti dei presenti come un segno di vicinanza e di partecipazione al dramma vissuto da troppe famiglie in quel lontano ‘76. Non a caso il sindaco, Roberto Revelant, non ha mancato di ringraziare «sua eccellenza l’arcivescovo per aver voluto essere presente a questa cerimonia ricca di significato».

Anche lo stesso primo cittadino ha invitato a non dimenticare mai di raccontare quella lezione di solidarietà e rinascita che «ci ha resi ancora una volta unici ai giovani, ai figli e ai nipoti. Noi giovani dobbiamo imparare a saper trarre insegnamento come ci ripeteva il commissario di Governo, Giuseppe Zamberletti, il padre della Protezione civile».

Da quell’insegnamento i giovani hanno imparato a ringraziare le migliaia di volontari che da quella notte, per tutta l’estate del 1976, hanno teso la mano alle popolazioni distrutte. Revelant l’ha fatto anche ieri sera.

Tutti questi valori sono fondamentali anche per il presidente d lla Regione, Massimiliano Fedriga, che pensa di strutturare quel modello per fronteggiare altri possibili disastri.

«È una giornata che guarda il futuro, anche in relazione agli eventi drammatici che avvengono nel mondo, ripartendo da qui si può costruire il futuro.

Non dobbiamo viverlo solo come un doveroso ricordo, l’esperienza del terremoto deve essere vista come un modello, aggiornato ai tempi attuali, per costruire un sistema di resilienza.

La tragedia del terremoto ha segnato profondamente la storia della nostra regione, cambiando per sempre il volto e il vivere di questa terra, dei suoi paesi e della sue comunità.

Dalle macerie, però, questo popolo forte e determinato, è riuscito a rialzarsi con una dignità senza pari, e a dare un esempio di concretezza, fiducia e straordinaria generosità.

Oggi parlare del “modello Friuli” significa parlare di qualche cosa che si può realizzare anche quando tutto sembra perduto. Su questo il Friuli può essere un faro che consente di elaborare un progetto di studio da offrire al Paese e all’Europa».

Questo, molto probabilmente, è il progetto su cui sta lavorando la Regione per la celebrazione, nel 2026, del cinquantennale della tragedia.

Anche ieri sera, nel duomo restaurato dopo il sisma, si respirava la commozione di sempre.

Uomini e donne, in silenzio, avvolti nei loro pensieri e nel ricordo di chi non c’è più, hanno rivissuto momenti drammatici che vanno rievocati per non dimenticare.

«La tragedia e la ricostruzione fanno parte della coscienza collettiva dei friulani, anche dei giovani», ha aggiunto con la voce rotta dalla commozione l’assessore regionale alle Finanze, Barbara Zilli, mentre Loris Cargnelutti, invitava gli agenti della polizia locale a deporre la corona, in cimitero.

Attorno ai 400 nomi, con indicata solo la data di nascita, si sono raccolte le autorità civili, militari e religiose assieme a tante persone che quella notte la tragedia l’hanno vissuta. Le note dei due cori di Gemona hanno reso l’atmosfera ancora più sentita.

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