Tavagnacco, il Tar ha bocciato il piano acustico del Comune

La motivazione: si basa su un piano regolatore non attuale, è soltanto apparente il rispetto dei limiti La Casini srl aveva impugnato la delibera del dicembre 2015. Il titolare: è da 25 anni che combattiamo
Di Margherita Terasso

TAVAGNACCO. Si basa su un piano regolatore inattuale e consente solo un apparente rispetto dei limiti normativi tra le zone acustiche. Ecco perché l'amministrazione comunale di Tavagnacco dovrà procedere alla stesura di un nuovo piano comunale di classificazione acustica: quello adottato nel dicembre 2015, infatti, non esiste più.

Il Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia ha accolto il ricorso presentato dalla ditta Casini srl di Feletto Umberto contro il Comune per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, della deliberazione del consiglio comunale che approvava il piano di classificazione acustica. Il documento, nato con lo scopo di porre un limite ai rumori provocati da aziende e attività, era stato adottato dopo un iter lungo quasi un anno e mezzo. La Casini srl, scontenta per quanto deciso dai consiglieri, aveva immediatamente agito per vie legali.

Il 25 gennaio di quest’anno è arrivata la sentenza. Secondo il collegio (formato da Umberto Zuballi, presidente, Manuela Sinigoi e Alessandra Tagliasacchi), l’azienda, nel momento in cui contestava la legittimità dell’operato dell'amministrazione, aveva ragione: il piano di zonizzazione acustica era stato emesso sulla scorta di uno strumento urbanistico che in quel momento non era più attuale ed era, quindi, rappresentativo della realtà.

«È stato scelto come termine di riferimento un piano regolatore superato – spiega l’avvocato Francesco Longo, rappresentante della Casini srl – ed è stata classificata l’area vicina a quella della ditta come zona di trasferimento e non come area residenziale». Si legge nella sentenza che la difesa della ditta ha correttamente richiamato l’attenzione sulla finalità propria dell’istituto delle unità territoriali, che consiste nell’aggregare tutte le particelle aventi una medesima destinazione urbanistica e non nel dividere immotivatamente il territorio. «Bisognava valutare la sostanza complessiva e non procedere con la segmentazione del territorio – aggiunge il legale – Un’area industriale, che già esisteva, non può trovarsi vicino a un’area residenziale, che ha un impatto acustico più contenuto. È una questione di compatibilità urbanistica. Il Comune avrebbe dovuto fare un intervento di risanamento acustico».

Il piano acustico redatto sembra, in definitiva, «aver consentito solo l’apparente rispetto dei limiti normativi tra zone acustiche, ma non rispecchiare né la realtà esistente nel territorio, né la normativa vigente».

Il Tar, oltre ad annullare la deliberazione, ha condannato il Comune al pagamento a favore della ditta delle spese di lite (2.500 euro). «Sono contento di quanto deciso – commenta Alessandro Casini –. È da 25 anni che combattiamo e ci fa piacere che ci siano stati riconosciuti gli sforzi fatti per tutelare l’ambiente e le persone».

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