Tanti nostalgici a San Giorgio per ricordare Che Guevara

Commemorazione nel parco dedicato al rivoluzionario argentino a cinquant’anni dalla morte. Lo storiografo Giorgio Cojaniz ha organizzato l’incontro, dedicato anche al partigiano Citossi

SAN GIORGIO DI NOGARO. Gli ultimi nostalgici. È più vivo che mai nel cuore di tanti, a cinquant’anni dalla morte, il mito di Ernesto “Che” Guevara, il Comandante e lo storiografo sangiorgino Giorgio Cojaniz lo ha voluto ricordare con una semplice cerimonia a San Giorgio di Nogaro, in uno degli ultimi spazi preposti a questa memoria, il parco Che Guevara da lui creato, riunendo un centinaio di “amici internazionali” che hanno ben saldi nel cuori i valori per i quali il mitico Comandante ha combattuto morendo a soli 39 anni, il 9 ottobre 1967.

«E come cantava Guccini tanti anni fa, da qualche parte un giorno, dove non si saprà, dove non l’aspettate, il Che ritornerà», è la speranza di Cojaniz e dei suoi compagni.

Grandi le emozioni e i sentimenti rivissuti grazie alle note di tre amici che con contrabbasso, tromba e fisarmonica, hanno suonato le musiche boliviane e argentine tanto care al Che, simbolo dell’impegno politico rivoluzionario.

È stato ricordato anche il 40º anniversario della morte del partigiano sangiorgino Gelindo Romano Citossi, il “Mancino”, indomito comandante dei Diavoli Rossi le cui gesta fanno parte alla storia della seconda guerra mondiale.

Edoardo Ioan, a lungo presidente dell’Anpi di Gonars-Palmanova, ha posto davanti alla stele con la stella rossa i fiori, «per ricordare questo simbolo ormai dimenticato e tradito quasi da tutti». Le note di “Bella ciao” e “Bandiera Rossa” si sono alzate nell’aria torrida del mezzogiorno, tra luccichii degli occhi e il cuore che batteva pieno di ricordi giovanili.

Alla commemorazione tenutasi a San Giorgio erano presenti delegazioni da Croazia, Bolivia, Roma, Terni, Trieste, San Vito al Tagliamento nonchè Fagagna, Santa Maria La Longa, Marano Lagunare, Muzzana del Turgnano, Carlino, Porpetto, Pocenia, Torviscosa, Cervignano, Tricesimo, Talmassons, Rivignano, Lavariano, Gonars, e San Giorgio.

A loro Giorgio Cojaniz si è rivolto ricordando le rivoluzioni del secolo scorso e le primavere socialiste del mondo arabo e africano finite tutte nel sangue.

Ha parlato di economia globale, di quanti hanno combattuto per lo sviluppo sociale citando Giovan Battista Cella a Giuseppe Garibaldi, di ambiente, burocrazia, della politica americana, ma anche di emigrati che «si dovrebbero affiancare con un fucile delle nostre truppe e liberare i loro Paesi: solo così sapranno cosa voglia dire libertà», manifestando tutta la sua preoccupazione per il futuro dei giovani.

«La mia commemorazione di domenica – ha sottolineato e chiarito Cojaniz – resta uno degli ultimi momenti in cui ci si ricorda cosa significhino la stella rossa e il Che. Questa stella che io ho posto nel parco dedicato al Comandante vuole rappresentare il sacrificio di milioni di uomini e donne che volevano l’emancipazione dei paria delle varie società.

Non ho potuto non ricordare il testamento morale che il Che ha lasciato ai suoi figli, cioè di sentire come proprio qualsiasi torto fatto agli altri: una grande lezione di vita. Ricordate: dove non si sa, ma il Che ritornerà e allora abbiamo fatto festa».

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