Tangenti Anas, le intercettazioni che coinvolgono Vidoni

UDINE. Lo hanno prelevato alle cinque del mattino nell’albergo di Roma dove alloggiava, non lontano dalla direzione generale dell’Anas di via Monzambano e da quegli uffici che era solito frequentare per cercare di velocizzare i pagamenti dovuti alla sua azienda.
Giuliano Vidoni ha dovuto annullare tutti gli incontri di lavoro che aveva in agenda. L’imprenditore friulano è stato infatti arrestato dalle Fiamme gialle che lo hanno poi “scortato” in auto fino a Grado dove ha scelto di scontare i domiciliari. Il presidente dell’organo di vigilanza dell’impresa Vidoni, che ha 70 anni e risiede a Udine ma è originario di Forgaria, è accusato di corruzione.
Anche lui è infatti finito nella cerchia di “clienti” della Dama nera, come gli investigatori hanno ribattezzato Antonella Accroglianò, ritenuta al vertice della “cellula criminale” all’interno dell’Anas, l’Azienda nazionale autonoma delle strade che gestisce tutta la principale rete viaria del Paese.
La Dama nera invece gestiva quello che il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone ha chiamato “ufficio mazzette”: «Va in ufficio tutti i giorni - ha spiegato - ma il suo principale lavoro è gestire questo flusso di corruzione e trattar male chi ritarda i pagamenti».
La corruzione insomma, «è vista come una cosa normale, una deprimente quotidianità». Il meccanismo criminale era guidato dalla Accroglianò, capo del coordinamento tecnico-amministrativo, ma coinvolgeva anche funzionari di primo piano dell’azienda statale, come Oreste De Grossi (responsabile del servizio incarichi tecnici) e Sergio Serafino Lagrotteria (dirigente nell’area progettazione) e altri dipendenti Anas di livello inferiore come Giovanni Parlato e Antonino Ferrante.
Tutti i cinque componenti della “banda delle mazzette” sono finiti in carcere: «abusando dei propri poteri», scrive il gip, con una «gestione assolutamente privatistica del procedimento amministrativo», sono riusciti «ad ottenere utilità e provviste corruttive» dagli imprenditori. In sostanza, «all’interno dell’Anas è dimostrato un vero sistema corruttivo in cui l’interesse dell’ente è completamente asservito alle esigenze utilitaristiche, di denaro e di altre utilità, dei singoli».
Ecco perché nei loro confronti, prosegue il giudice, «è evidente la sussistenza di pressanti esigenze cautelari, in primo luogo per il concreto pericolo che gli indagati, se non bloccati, continuino a commettere gravi episodi corruttivi che oramai si consumano costantemente e senza soluzione di continuità all’interno degli uffici Anas». Per accordarsi tra loro usavano un linguaggio criptato che i finanzieri non hanno avuto difficoltà a interpretare: le tangenti diventavano di volta in volta «i topolini», «i libri», «le ciliege» o «i medicinali antinfiammatori».
Gli investigatori hanno anche fermato uno dei funzionari con tre buste contenenti complessivamente 25 mila euro, una parte di una mazzetta da 150 mila, in un altro è un imprenditore che, durante un controllo a Fiumicino, viene trovato con 48 mila euro in banconote da 500 e 50 euro.
Gli altri cinque destinatari dei provvedimenti - per loro sono stati disposti gli arresti domiciliari - sono, oltre a Giuliano Vidoni, due imprenditori catanesi, Concetto Bosco Lo Giudice e Francesco Costanzo, l’avvocato calabrese Eugenio Battaglia e l’ex sottosegretario alle infrastrutture durante il governo Prodi, Luigi Meduri.
Gli inquirenti lo hanno definito un «oscuro faccendiere» che ha avuto il ruolo di «mediatore» tra la Dama nera e gli imprenditori: l’ex sottosegretario, infatti, si sarebbe attivato da un lato per far ottenere un incarico in una società pubblica della regione Calabria a fratello della Accroglianò e dall’altro avrebbe “sollecitato” i due imprenditori catanesi al pagamento di una tangente all’associazione capeggiata dalla Dama nera.
«Meduri ha certamente una funzione di supporto non indifferente - scrive il gip Giulia Proto nelle 110 pagine di misura cautelare - dal momento che lui stesso richiama gli imprenditori ai loro illeciti doveri ove gli stessi versino in ritardo sui pagamenti. È la stessa Antonella Accroglianò che dice di aver recuperato una delle tranche corruttive grazie a Meduri al quale lei si rivolge quando “quelli” spariscono. E d’altra parte il suggerimento di - stringerli ai fianchi - per recuperare il danaro proviene proprio dal politico».
Il quale, a sua volta, ”suggerisce” alla Accroglianò che «si interessasse per far assumere all'Anas due geometri da lui raccomandati».
Dal gennaio 1999 all’aprile 2000 Meduri è stato presidente della Regione Calabria, ma non è più in Parlamento dal 2006. Nato a Reggio Calabria nel 1942, fino a ieri era membro dell’assemblea nazionale del Pd, ma dopo l’arresto, la Commissione nazionale di garanzia del Partito democratico ha deciso di sospenderlo dall’albo degli iscritti e degli elettori e dagli organismi di cui fa parte con provvedimento immediatamente esecutivo.
«Pieno rispetto per gli indagati ma da parte nostra c’è la volontà di fare pulito: chi, in un’azienda pubblica, viene trovato a rubare non solo deve pagare ma deve essere cacciato senza ogni forma di perdono», è il commento del premier Matteo Renzi, in un’intervista al Tg2.
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