Taibo “super-guapo”: «Riscattiamo l’utopia»
Piazzetta San Marco gremita per il ritorno del protagonista di “Dedica” 2005: «Mi sento a casa tra i lettori di Messico e Italia, i due paesi peggio governati del mondo»

PORDENONE.
Una delle qualità che rendono grande Paco Ignacio Taibo II – mente tra le più brillanti e acute della letteratura sudamericana, intellettuale di caratura mondiale – sta nel suo non prendersi mai troppo sul serio. In una leggerezza che lo rende irresistibile, che gli permette, in poco più di un'ora, di tracciare la strada senza la supponenza di certi scrittori, ma, anzi, con la capacità di scaldare i cuori come pochi.
Eccolo di nuovo a Pordenone, Paco, nella città che può vantarsi di conoscerlo piuttosto bene, dopo la full immersion nella sua opera e nella sua vita attraverso la
Dedica
del 2005. Con quello sguardo sornione e la camicia di
jeans aperta sulla
t-shirt, sale sul palco di piazzetta San Marco, gremita. E da vero
guapo
qual è riconquista subito il pubblico raccontando a Gian Mario Villalta, qui nei panni di suo interlocutore, una storiella che gli fornisce l'alibi per fumare, uno dei suoi inguaribili vizi (l'altro è la Coca-Cola in quantità esagerata, una vera debolezza per uno che si dichiara convinto antimperialista!). Racconta di un colonnello dell'esercito vietnamita, conosciuto quattro anni fa, che gli raccontò di come Ho-Chi-Minh fumasse anche nella vasca da bagno, mentre chiacchierava con i suoi assistenti... e gli dedica l'incontro di
pordenonelegge
«perché oggi non sono più gli anarchici o i comunisti a essere perseguitati, ma i fumatori!».
Gioca, Paco, che al festival presenta il suo ultimo libro, la biografia di Tony Guiteras, dimenticato padre della rivoluzione cubana del 1933, volume che fa seguito alle intense intense e vibranti biografie di Ernesto Che Guevara e di Pancho Villa.
Ma di lì a poco, dal suo eloquio preciso quanto appassionato, scaturiranno pensieri importanti sul compito della letteratura e sul suo essere narratore di miti e di utopie. «A cosa serviamo noi scrittori? A ricostruire l'immaginario collettivo, a darvi un punto di riferimento attraverso gli eroi che amiamo. Non possiamo continuare a vivere con la paura di chi spinge più rapidamente il carrello al supermercato, abbiamo assoluto bisogno di ritornare alle utopie. Chiediamo un mondo diverso, solidale, che la nostra vita riacquisti una ragione e ciò sarà possibile solo attraverso una sfida sociale collettiva. Dobbiamo riscattare parole come fratellanza, onore, parole che ci aspettano nella letteratura, che deve essere generatrice di pensiero critico e utopico, appunto». L'atmosfera si scalda, il feeling
si fa più stretto. «Ci sono solo due posti nei quali mi sento a casa con i miei lettori: il Messico e l'Italia. Perché sento che quando parlo mi capite. Forse perché sono due dei paesi peggio governati del pianeta».
Tutto questo dopo Tony Guiteras,
Un hombre guapo, un uomo audace
(Marco Tropea editore), il libro che gli è costato tre anni di lavoro e di ricerche storiche, condito da una serie di personaggi non meno affascinanti del protagonista, dedicato a un uomo che fu una figura chiave della rivoluzione cubana degli anni Trenta. Sfidò gli americani che avevano consegnato Cuba al dittatore Machado; con una sollevazione popolare rimosse «i servitori del capitalismo» statunitense e avviò una stagione di riforme, di democrazia e di emancipazione. Perché proprio lui dopo Pancho Villa e Che Guevara? «Mi affascinava perché incarna la purezza della rivoluzione socialdemocratica di estrema sinistra. Andava scritto per combattere il tentativo universale dei socialdemocratici di propendere verso il centro, in questi tempi di voltagabbana dove anche i comunisti diventano comunisti light».
E lo intrigava, questo
guapo
sempre circondato da donne bellissime, che suonava il piano e amava Chopin, che aveva un unico vestito buono e se il giorno che lo mandava a lavare lo invitavano a qualche ricevimento... non ci andava. Uno che era ministro ma alla sera si toglieva la giacca e si mescolava ai lavoratori del tabacco in sciopero, che girava sempre con la mitragliatrice Thompson, «tanto per sottolineare che non parlava soltanto». Un socialdemocratico con grande spirito anarchico che voleva rovesciare la dittatura e diventare eroe di un popolo. «La miglior cosa che ho scritto come narratore. Ve lo garantisco». Parola di un
guapissimo
Paco Ignacio Taibo II.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto
Leggi anche
Video