Svolta nell’inchiesta la compagna di Gaiatto finisce in carcere
Nuovo colpo di scena nell’inchiesta sulla maxi-truffa legata al gruppo Venice. Najima Romani, 31 anni, compagna del trader portogruarese Fabio Gaiatto è finita ieri sera dietro le sbarre nel penitenziario femminile di Trieste.
La compagna di Gaiatto, indagata per associazione per delinquere, truffa aggravata e autoriciclaggio del compendio immobiliare da 4 milioni di euro, era già agli arresti domiciliari da settembre nella villa con piscina di Portogruaro.
Ieri sera è stata raggiunta da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il gip Rodolfo Piccin ha firmato, su richiesta del procuratore Raffaele Tito e del pm Monica Carraturo, l’aggravamento della misura cautelare.
Il provvedimento , eseguito dalla guardia di finanza di Portogruaro, è scattato dopo che gli inquirenti hanno accertato la violazione delle prescrizioni imposte all’indagata dal regime di arresti domiciliari, come l’assenza di contatti o interazioni con l’esterno.
La Procura ha scoperto che Najima Romani durante la dimora forzata in casa, ha fatto shopping online. Durante l’ultima perquisizione domiciliare sono state rinvenute otto carte di credito, collegate a conti correnti esteri in paesi dell’Est e in Croazia, di cui prima si ignorava l’esistenza.
Con alcune di queste carte di credito la 31enne ha fatto degli acquisti mentre era agli arresti domiciliari. Altre invece risulterebbero vuote. Potrebbe trattarsi di una pista per recuperare il tesoro nascosto della Venice? È presto per dirlo.
Gli inquirenti ritengono inoltre che Najima Romani abbia pubblicato contenuti e interagito con altri utenti sui social network, utilizzando un profilo fake, con il nome di un’attrice della soap opera italiana “Centovetrine”. Una valvola di sfogo vietata se si è agli arresti domiciliari: è possibile soltanto navigare online, ma non interagire con altri utenti.
Trapela inoltre che durante la perquisizione della Direzione distrettuale antimafia nella villa di Portovecchio, prima dell’alba, pochi giorni or sono, la polizia giudiziaria abbia registrato un tentativo da parte dell’indagata di nascondere dei documenti e delle utenze telefoniche con le quali aveva contattato altre persone coinvolte nell’inchiesta. Elementi che hanno fatto ipotizzare agli inquirenti il pericolo di un inquinamento probatorio.
È emerso lo scorso 2 ottobre durante l’udienza del riesame che quando è stato intercettato in carcere, il trader portogruarese ha detto alla madre di incaricare la compagna di sistemare alcuni immobili della società Studio holding doo (di cui lei era amministratrice) in Croazia, che non erano stati ancora sequestrati. «Se lo chiama lei –-ndr il commercialista– subito perché se no ti portano via tutto».
Alla vigilia dell’interrogatorio di Gaiatto a Pordenone, dopo la terza misura di custodia cautelare in carcere, la sua compagna ora condivide il suo stesso cielo, inquadrato dalle sbarre di una cella. —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto