Strage di Natale, 16 anni senza giustizia

UDINE. «Oggi, dopo sedici anni, Adriano, Guido e Paolo non hanno ancora avuto giustizia per quanto accaduto in quella tragica alba del 23 dicembre del 1998».
Senza lasciarsi prendere dall’emozione, ma con forza, lo ha sottolineato il questore di Udine Claudio Cracovia, ieri mattina nella chiesa Beata Vergine del Carmine di via Aquileia, durante la commemorazione della strage di viale Ungheria, in cui persero la vita i tre poliziotti delle volanti udinesi della Questura, Giuseppe Guido Zanier, Paolo Cragnolino e Adriano Ruttar, in seguito allo scoppio di un ordigno.
Non hanno avuto giustizia i tre poliziotti, ma non l’hanno avuta «nemmeno i loro familiari e l’amministrazione», perché «lo Stato - ha continuato nel suo intervento il questore - è vittima di questo episodio tragico», ed è ora giunto il momento di «sgomberare il campo da ricostruzioni, ipotesi e affermazioni aleatorie» smentite da processi in cui «non c’è un colpevole, non c’è un movente, ma ci sono solo vittime».
In un luogo di preghiera, «nella casa di un giudice inesorabile e infallibile», come spesso la giustizia degli uomini non è, ha aggiunto Cracovia, anno dopo anno colleghi, forze di polizia, autorità, istituzioni e cittadini si ritrovano per condividere il ricordo di quel terribile mattino e ribadire la propria vicinanza ai familiari delle vittime.
«Vittime del dovere» le ha chiamate il questore Cracovia, cadute per onorare il proprio impegno, la propria missione a servizio della cittadinanza e dell’ordine pubblico e questa, tra le tante verità sospese che hanno abitato nello scorrere degli anni questa vicenda, «è una verità ineludibile, inoppugnabile». Per questo motivo, non dimenticare quanto accaduto e perpetuare il ricordo dei tre agenti non basta, non è più sufficiente, prosegue Cracovia. Bisogna «uscire da una sorta di ritrosia, di timore, di silenzio», in cui la «stessa amministrazione, a un certo punto, da vittima si è sentita colpevole della vicenda», ed è il momento di dare concretezza alla memoria, per restituire ai familiari quelle gratifiche che non hanno potuto raccogliere nelle aule di giustizia. Un compito del quale si deve far carico l’amministrazione, ma anche la comunità, celebrando orgogliosamente il sacrificio di quei tre ragazzi.
Ma cosa resta oggi di quella data? Di quel “mattino brizzolato” del 23 dicembre di 16 anni fa, si chiede don Olivo Bottos, che ha celebrato la messa. Un boato, tre corpi senza vita, tre divise blu diventate in pochi secondi di colore rosso. Resta la sofferenza, la pena, la riflessione: il tempo non cancella il dolore nel cuore dei familiari. Quel dolore di una non risposta, di una non certezza. “Verità sospese” è anche il titolo del brano musicale che è stato riprodotto ieri durante la funzione religiosa, realizzato dalla maestra Barbara Sabbadini, che ha sentito la necessità di comporlo affinché il sacrificio di questi tre eroi e di quella tremenda strage rimanga per sempre nella memoria delle persone.
Tra le file dei banchi della chiesa del Carmine, i familiari delle tre vittime: Andrea Ruttar, figlio di Adriano, i genitori e il fratello di Paolo Cragnolino e il fratello di Guido Zanier, Giancarlo. Accanto al questore, il prefetto di Udine Provvidenza Delfina Raimondo, assieme al presidente del consiglio provinciale Fabrizio Pitton, il vice presidente del consiglio comunale Franco Della Rossa, con i colleghi della polizia di Stato.
Il questore Claudio Cracovia, infine, ha concluso osservando come «la stessa forza di quelle fiamme che hanno strappato i tre ragazzi alle loro famiglie, deve ardere nel cuore degli udinesi per dare importanza al loro sacrificio. Nessuno deve dimenticare mai il botto, il sangue e l’anima ferita con cui, ancora assonnata, si svegliò Udine quel 23 dicembre di sedici anni fa».
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