Storia di una partita che si doveva giocare per forza, in uno stadio mezzo vuoto e senza bambini
Fischi all’inno di Israele, subito coperti dagli applausi. Rigore di Retegui trascina l’Italia

Siamo seri (e onesti): è stata partita di calcio? Della nazionale? Quella per cui i bambini con la passione per il calcio (e ce ne sono ancora tanti, nonostante non abbiano mai visto l’azzurro a un Mondiale nella loro vita) non dormono per dieci giorni in attesa che mamma e papà li portino a vedere l’Italia giocare. No, era solo una partita di calcio che si doveva giocare per forza.
E si è visto. Ad esempio quando, un’ora prima del fischio d’inizio lo speaker ha urlato nel deserto del Friuli i nomi dei tre portieri della Nazionale che, sotto la curva abitualmente occupata dai tifosi dell’Udinese, si apprestavano a iniziare il riscaldamento. Ogni singolo dei pochi applausi si sentiva. Eppure oltre a Gigio Donnarumma c’erano altri due friulani, Alex Meret e Guglielmo Vicario.
In una partita normale si sarebbero goduti l’applauso e i cori di uno stadio quasi già pieno, zeppo di quei bambini che la partita dell’Italia a Udine l’aspettavano da anni. Niente, mentre gli idranti in Piazza Primo Maggio cercavano di fermare una manifestazione ProPal degenerata, intanto c’era la lettura delle formazioni. Fischi a Israele. Da quanti tifosi Tremila? Quattromila? Altri fuori ancora in (lunghissima) fila per superare i metal detector e vedersi la partita. Bambini in fila? Zero virgola uno.
Tutte le immagini degli scontri a Udine





















Ma dai, la partita di ieri sera è stata la negazione del calcio e dello sport.
Certo la Regione s’è fatta carico di prendersi la patata bollente, il presidente Massimiliano Fedriga era allo stadio e ha parlato di «partita come perfetto messaggio di pace», il suo portavoce Edoardo Petiziol ha tirato un sospiro di sollievo dopo aver tessuto la tela per mesi per averla questa partita, in attesa magari di una “contropartita” da qui al 2032 quando l’Italia dovrà ospitare gli Europei, non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena (cinque stadi di livello) e busserà a Udine.
Ma questa è politica, o semmai business, lo sport, l’amore per una squadra, i bambini che ieri non c’erano perché i genitori avevano paura di portarli a una partita di calcio, sono un’altra cosa. “Un’amore così grande” canta l’inno della Nazionale. Sarebbe da brividi, se i brividi non arrivassero per le notizie da Piazza Primo Maggio invece che da uno stadio svuotato dell’anima.
Spunta una comitiva israeliana. Foto ricordo con la bandiera, i tifosi chiassosi della squadra biancazzurra diventano una cinquantina, si accomodano in tribuna. C’è una sola grande bandiera italiana nella curva Nord. Applausi alle squadre.
Arriva lo snodo degli inni nazionali. In Ungheria nella gara d’andata in campo neutro a quello israeliano alcuni italiani avevano voltato le spalle. Partono le note, toccanti, che riporta dritto dritto alla Shoah, e magari anche al 7 ottobre data per troppi indigesta, via ai fischi (come un anno fa), subito coperti da applausi. L’inno di Mameli aggiusta tutto. Ti guardi intorno e gli spettatori non arrivano a diecimila. Ci sono anche Gianpaolo e Gino Pozzo con mister Runjaic per l’Udinese. “Italia, Italia”, inizia una parvenza di partita. Le urla di Gattuso si sentono come in un campetto di provincia. Israele sfiora pure il gol, perchè tra manifestazioni, guerre e guerriglie, polemiche c’è sempre una Nazionale italiana che certo non fa tremare le vene ai posi, nonostante il suo ct gli infonda pacchi di grinta. Gli ospiti sono gagliardi, spinti chissà anche dai venti di pace. Miracolo di Donnarumma.
Rigore, Retegui-gol. Boato. “Un amore così grande”. Altro miracolo di Gigio. Eurogol di Retegui. Mancini gol. I 10 mila si scaldano. Play-off. Italia, ti ri-aspettiamo. Udine se lo merita. Ma stavolta fate in modo che ci siano anche i bambini.
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