Stop dei giudici alla marijuana light: vendere i derivati della cannabis è reato

Pronuncia della Corte di cassazione: è lecita solo la coltivazione. Salvini canta vittoria. Contrari i radicali: sentenza politica
Prodotti realizzati con cannabis light e derivari dalla canapa in un negozio di Roma, 09 maggio 2019. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Prodotti realizzati con cannabis light e derivari dalla canapa in un negozio di Roma, 09 maggio 2019. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Dopo i sequestri disposti nei mesi scorsi da alcuni questori italiani, come quello di Macerata, arriva la vera mazzata sulle centinaia di attività avviate nell’ultimo anno in tutto il Paese: la Corte di cassazione a sezioni unite ha equiparato la vendita di cannabis light a quella di uno stupefacente, dunque punibile ai sensi della legge del 1990 sulle droghe, a meno che «tali prodotti siano privi di efficacia drogante».

L’incompletezza e l’ambiguità della legge 242 del 2016, che fa riferimento unicamente alla coltivazione, si riflettono così su una sentenza molto attesa dagli operatori del settore perché doveva sgombrare il campo da dubbi e incertezze. Il risultato è che la sola coltivazione resta ammessa, mentre «la commercializzazione di cannabis sativa e in particolare di foglie, infiorescenze, olio e resina non rientra nell’ambito di applicazione» della norma stessa.

Ne deriva che «le condotte di cessione di vendita e in genere la commercializzazione al pubblico» di tali prodotti integrano il reato previsto dall’articolo 73 della legge del 1990, cioè lo spaccio. Un’indicazione precisa, appena attenuata dalla circostanza che i derivati dalla cannabis sativa non abbiano effetti psicotropi.

Una questione soggettiva, come si può intuire e come viene messo in evidenza dai giuristi, tale da esporre i negozianti di cannabis light al rischio concreto degli interventi di forze dell’ordine e magistratura, che valuteranno caso per caso.

Vittorio Manes, professore ordinario di Diritto penale all’Università di Bologna, premette che per avere una visione completa della pronuncia della Cassazione bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza, ma osserva: «A fronte di un dettato legislativo non privo di ambiguità, la Corte ha chiaramente escluso che le attività di vendita rientrino in un’area di liceità, perché la legge qualifica come lecita la sola coltivazione. Questo a meno che i prodotti non siano concretamente privi di efficacia psicotropa. Resta quindi una percentuale di incertezza, perché il concetto di efficacia drogante presenta variabilità e volubilità a seconda di condizioni oggettive e soggettive». Con le conseguenze sui negozi di cannabis che si possono prevedere: «Il messaggio è chiaro, ma non si può escludere che resti qualche zona d’ombra priva di incontri certi. Si crea un’area di rischio penale priva di contorni certi».

Le reazioni politiche sono arrivate puntuali a cominciare da quella del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che già in passato si era espresso contro i cannabis shop: «Siamo contro qualsiasi tipo di droga, senza se e senza ma, e a favore del divertimento sano». Soddisfatto anche il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, per cui la sentenza è «una conferma delle preoccupazioni che abbiamo sempre manifestato in relazione alla vendita di questo tipo di prodotti e la bontà delle posizioni espresse e delle scelte da noi adottate fino ad oggi».

Anche dal fronte della magistratura arrivano pareri favorevoli. «Siamo molto soddisfatti per la pronuncia della Cassazione – dice il procuratore di Taranto Carlo Capristo – Il nostro ufficio è stato fra i primi a dare battaglia sui negozi di cannabis».

A ottobre la Guardia di Finanza della città pugliese aveva sequestrato quantitativi di cannabis sativa con Thc inferiore allo 0,6%, dunque nei limiti massimi di legge, in negozi e distributori.

Erano state indagate cinquantun persone, chiusi i grow shop e contestato lo spaccio. Solo i radicali criticano la decisione, sperando non sia «una sentenza politica in linea col volere di un ministro che ha annunciato un’offensiva contro la cannabis light» e rilevando che si colpisce «uno dei più promettenti settori dell’agricoltura».
 

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