Stop alla Cciaa unica, adesso si capisce davvero chi comanda in regione - L'opinione

La norma, così com’è, prevede due strutture per il Friuli Venezia Giulia: Trieste e Udine per garantire semplificazione e risparmio. Ebbene è saltato tutto, nonostante il lavorio diplomatico. Quello che resta è un gioco fuori tempo nella regione dei campanili

Tira di qua e tira di là, la corda si è spezzata. Evidentemente, non era fatta di materiale di prima scelta, anzi era sfilacciata per colpa di continui conflitti territoriali. Il braccio di ferro sulle Camere di commercio ha rispolverato giochetti già visti. La partita è nata male ed è finita peggio. L’oggetto del contendere è girato attorno al riassetto imposto dalla riforma che accorpa i piccoli enti. La norma, così com’è, prevede due strutture per il Friuli Venezia Giulia: Trieste e Udine per garantire semplificazione e risparmio.

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Perché penalizzare le ambizioni dei più piccoli? Perché non andare oltre i semplici numeri? La Regione ha cercato di giocare sino in fondo la carta della sua autonomia statutaria come ultima mediazione per approdare a un ente camerale unico: in una realtà di un milione e 200 mila abitanti basta e avanza, soprattutto per un ente in crisi di identità, che è messo in discussione dagli stessi imprenditori. Questa ipotesi non avrebbe violato i parametri nazionali, garantendo una soluzione equa per tutti, senza umiliare alcun territorio. La presidenza sarebbe stata inoltre assegnata a rotazione. Ebbene è saltato tutto, nonostante il lavorio diplomatico. Sembra che qualche furbizia giocata sui tavoli romani abbia rullato anche gli ultimi compromessi. In particolare, Trieste aveva il timore che la sede del nuovo soggetto unico finisse a Udine. Apriti cielo! Allora, meglio difendere il proprio orticello a costo di lacerare l’unità che si stava faticosamente mettendo assieme.

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Chi ha lavorato per rompere tutto? Nessuno uscirà allo scoperto, ma è chiaro che qualcuno ci ha messo lo zampino per incrinare un accordo dato alla vigilia per fatto. E in vicende così delicate, se non c’è compattezza salta il banco. Com’è accaduto. I conti immediati li paga Pordenone, la cui struttura è rimasta incastrata nella tagliola della riforma. Fatte salve le sorprese dell’ultima ora (il pallino è nelle mani del Governo) ci si avvia verso la Camera di commercio del Friuli, che finirà dentro disegni di altri tempi, sostenuti da vecchie logiche territoriali, non condivise. Dall’altra parte, è già operativa la Camera di commercio della Venezia Giulia, costituita da Trieste e Gorizia. Rispunta così la contrapposizione tra due realtà, che ha creato problemi nel corso degli anni, di fatto spappolando la Regione in eterne contese tra campanili.

All’orizzonte si intravedono altre vertenze. Il criterio adottato per le Camere di commercio sarà applicato anche per le Fiere? E accadrà ancora per altri enti istituzionali e associazioni? In realtà, non esiste un “caso Pordenone”, una città che non deve dimostrare nulla a nessuno perché ha i fondamentali economici, sociali e culturali in ordine. Si apre invece una questione che riguarda il Friuli Venezia Giulia nel suo insieme. Quanto conterà logorato da incomprensioni intestine? Per essere competitivo non può perdersi nelle nebbie di infinite conflittualità.

È tempo che riunisca forze ed energie per abbandonare definitivamente i fantasmi di storie ormai archiviate, per altro in una terra che ha cancellato i confini della Guerra Fredda. I “tempi nuovi”, quelli imposti dalle strategie di crescita post-industriale, reclamano una narrazione plurale (cioè con la voce di tutti i territori) dentro la straordinaria dimensione europea. A chi serve mantenere la spaccatura in due della Regione? Le sfide sono così complesse che non potranno essere affrontate in ordine sparso, senza una visione d’insieme. A che servono le guerriglie tra Trieste e Udine (e viceversa), o tra Udine e Pordenone (e viceversa)? Esistono invece specificità territoriali ormai “mature” da rispettare e da valorizzare, che sono le tessere di un unico mosaico: il Friuli Venezia Giulia. Perché non lavorare con idee e risorse per una realtà finalmente policentrica? Forse è il caso di capire in tempo che questo è il valore aggiunto. Vincere egoisticamente una piccola battaglia non genera una visione di futuro. Anche perché non si vive soltanto di Camere di commercio.
 

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