Stipendi non pagati: sempre più lavoratori in coda al sindacato

UDINE. Non sono solo i fallimenti e le procedure concorsuali in genere a spingere i lavoratori verso la porta degli uffici vertenze del sindacato. Sempre più spesso le richieste d’aiuto muovono dalla necessità di recuperare crediti. Da lavoratori che non si vedono corrisposto, anche per diversi mesi consecutivi, lo stipendio. All’Ufficio vertenze di Gemona hanno fatto la conta dei casi presi in carico nel 2014: 80 in tutto. Ottanta lavoratori che hanno chiesto aiuto alle parti sociali per avere quanto gli spetta.
«Nel recupero crediti – afferma Mauro Urli dell’ufficio vertenze Cisl Alto Friuli – si riscontra una forte difficoltà. Ci sono aziende che neppure rispondono alle nostre lettere, altre che invece sottoscrivono accordi di rateizzazione che poi non vengono rispettati. Altre ancora ci riferiscono di non avere liquidità e di non riuscire quindi a pagare. Quasi tutte queste pratiche vengono trasmesse al legale per l’emissione di un decreto ingiuntivo o per avviare una causa di lavoro. Molte aziende, inoltre, non provvedono neppure a ritirare le raccomandate, altre addirittura le respingono».
«E’ quindi molto importante - prosegue Urli - che il lavoratore si rivolga alla Cisl non molto tempo dopo la cessazione del rapporto di lavoro perché, in caso di mancato pagamento di retribuzioni e Tfr è opportuno avviare un’eventuale causa di lavoro entro 9 mesi dalla data di cessazione».
Paradossalmente è meno difficile recuperare i crediti quando l’impresa fallisce o è soggetta a procedura concorsuale - spiegano dal sindacato – potendo richiedere al fondo di garanzia dell’Inps almeno il Tfr. C’è poi la beffa. Per le esecuzioni individuali, ossia il recupero del credito tramite azione legale, può infatti accadere che il costo delle spese di giustizia a carico del lavoratore sia addirittura più alto dell’ammontare del credito vantato».
Sia nel caso di fallimenti che di recupero credito, sempre più sovente accade che le imprese non versino poi i contributi ai fondi di previdenza complementare. Il lavoratore che voglia crearsi una pensione integrativa con il Tfr si ritrova spesso con consistenti omissioni contributive.
«Il caso più eclatante risale al dicembre 2014 – racconta Urli - quando ben 3 lavoratori, dimessisi nel corso del 2014, oltre al mancato pagamento di alcune retribuzioni, non si sono visti versare nel fondo pensione integrativo il loro Tfr fin dal gennaio 2010: quasi 5 anni di omissione». (m.d.c.)
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