Stalking all’ex moglie, 14 mesi di reclusione

Per cinque anni l’ha perseguitata dopo il divorzio. L’uomo, residente nella Bassa ha patteggiato davanti al giudice

UDINE. «Devi aver paura di me. Ti butto l’acido in faccia». Se non erano gli insulti erano le minacce, quotidiane, dopo che lei lo aveva lasciato. Così ha preso coraggio e lo ha denunciato.

Lo ha fatto per se stessa e per i figli, che da quella travagliata situazione familiare hanno tratto sofferenze e angoscia. Ieri l’aspetto giudiziario della vicenda si è concluso nell’aula del gup Daniele Barnaba Faleschini al tribunale di Udine dove l’uomo, un 42enne residente nella Bassa friulana assistito dall’avvocato Federica Marini, ha patteggiato una pena a un anno e due mesi di reclusione, con sospensione condizionale. Per affrontare le altre conseguenze ci vorrà del tempo.

Quella di una quarantenne madre di due figli è la storia di tante donne che hanno tollerato a lungo maltrattamenti quotidiani per il bene dei figli. Il primo schiaffo arrivò quando ancora era incinta del primo figlio, ha raccontato la donna ai carabinieri ai quali si è rivolta per denunciare i fatti.

Attese «che le cose cambiassero», ma non sono mai cambiate, se non in peggio. Le botte arrivavano cinque giorni su sette, come del resto le minacce, specie quando lui era ubriaco. Fino al 2014, quando lei ha deciso di porre fine a quel matrimonio.

Da allora è iniziato un altro capitolo, fatto di telefonate e messaggi, anche una cinquantina al giorno, di pedinamenti e appostamenti che hanno indotto il giudice per le indagini preliminari Matteo Carlisi ad applicare la misura cautelare del divieto di avvicinamento nei confronti dell’uomo. E intanto, mentre lui si sottraeva agli obblighi di assistenza in relazione al versamento degli assegni men sili come stabilito dal tribunale di Udine per il mantenimento dei figli, continuava gli appostamenti sotto la sua abitazione.

«Mi occuperò di te, le cose non rimarranno così». «Ti metto sulla sedia a rotelle». Erano alcune delle frasi che lei si sentiva ripetere mentre cercava di rifarsi una vita e di lavorare per mantenere i figli. Grazie all’aiuto di parenti e amici e a una serie di trasferimenti da un’abitazione all’altra, ce l’ha fatta. Una situazione che è durata dal 2014 alla primavera del 2019, quando è stata firmata l’ordinanza del gip che stabiliva il divieto di avvicinamento.
Venerdì è arrivato il patteggiamento.

 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto