Spray al peperoncino in auto: condannato a 1 anno e 4 mesi

Giovane sorpreso con una bomboletta al di fuori dei limiti consentiti dalla legge. Perquisito prima di una festa. In passato lo usò contro un addetto alla sicurezza

UDINE. Nella ricostruzione accusatoria si era parlato di «arma comune da sparo». La teneva in auto ed era stata trovata dalla polizia durante una perquisizione avvenuta la sera del 5 agosto 2017 nel parcheggio dello stadio “Teghil” di Lignano Sabbiadoro. Mario Angona, 27 anni, di Genova, si trovava lì per partecipare all’evento musicale “Random, una festa a caso”. E con sè, o meglio, all’interno del suo Mercedes Benz, aveva una bomboletta di spray al peperoncino. Un dispositivo che, se difforme dalle caratteristiche indicate dal decreto ministeriale 103 del 12 maggio 2011, è considerato a tutti gli effetti, appunto, al pari di una pistola.

Ieri, il gup del tribunale di Udine, Emanuele Lazzàro, riconosciuto il giovane colpevole del reato di porto abusivo d’armi, lo ha condannato a 1 anno e 4 mesi di arresto, sospesi con la condizionale. E cioè più della pena finale a 1 anno chiesta dal pm Letizia Puppa, al termine del processo celebrato con rito abbreviato. Il difensore aveva concluso invece per l’assoluzione con la formula più ampia o, in subordine, con quella dubitativa, contestando, in particolare, la legittimità degli atti di polizia giudiziaria - perquisizione e sequestro - e del decreto di convalida del pm.

Quella trovata nell’auto era una bomboletta di marca Pfeffer: all’apparenza, uno strumento di autodifesa come quelli liberamente in commercio, in realtà, secondo i parametri di legge, una vera e propria arma da sparo. Tre, stando alla relazione tecnica agli atti, i requisiti violati: il superamento della percentuale del principio attivo, l’Oleoresin capsicum, pari all’11 per cento (a fronte del 10 per cento consentito), e della miscela contenuta nella bottiglietta, presente in quantità doppia rispetto alla soglia massima di 20 ml, e l’indicazione in etichetta di prodotto aerosol estremamente infiammabile e cioè di una «sostanza infiammabile, corrosiva o tossica» non ammessa.

L’intervento era stato operato da agenti del Posto temporaneo di polizia in occasione dei controlli all’ingresso dello stadio. Angona, peraltro, risultava già presente nella banca dati per un precedente episodio che l’aveva visto spruzzare spray urticante al volto di un addetto alla sicurezza durante una manifestazione a Torino. Secondo la difesa, la perquisizione difettava, tra l’altro, delle «condizioni spazio-temporali e del contesto situazionale», tali da motivarla e legittimarla. Scontato l’appello.

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