Sparita da oltre un secolo, “L’estasi” torna a Udine

UDINE. Rimossa in periodo napoleonico e scomparsa da oltre un seccolo, la pala d’altare dipinta nel 1670 da Antonio Carneo per il convento agostiniano oggi caserma di Prampero, è tornata a Udine. Del dipinto si erano perse le tracce.
L’ultimo a vederlo, negli anni Venti, arrotolato in una bottega di un antiquario pronto per essere spedito in Ungheria, fu lo studioso Benno Gaiger. Da allora dell’Estasi di Sant’Agostino si era letto solo sui volumi d’arte. Qualche mese fa la scoperta: gli antiquari Giorgio ed Ernesto Copetti l’hanno identificata e acquistata in Veneto da un collezionista privato.
La pala ora è esposta fino al 15 gennaio nella galleria di via Paolo Sarpi e venerdì, alle 18, il professor, Gilberto Ganzer, la presenterà alla città auspicando che un museo o un’istituzione pubblica possa acquisirla. Il suo costo sfiora i 150 mila euro, «ma - assicura Copetti - di fronte alla possibilità di collocarla in un circuito pubblico siamo pronti a fare uno sconto opportuno».
A raccontare la storia della pala “scomparsa” è Ganzer, il primo a rendersi conto del rientro dell’opera nella città per la quale era stata dipinta. «Passeggiavo in via Paolo Sarpi quando dalla vetrina ho visto il dipinto esposto nella galleria Copetti, sono entrato per accertarmi che fosse proprio “L’estasi di Sant’Agostino” scomparsa da oltre un secolo» rivela lo studioso convinto che si tratti di un recupero che aiuta a completare una pagine di storia cittadina.

«Nel 1670 la pala si trovava nel convento di Sant’Agostino soppresso nel 1810, in epoca napoleonica, quando tutte le suppellettili della chiesa furono messe all’asta come si usava fare in quel tempo» spiega Ganzer secondo il quale la pala fu commissionata dagli agostiniani al Carneo al quale chiesero di dipingere anche la pala d’altare della chiesa di Santa Lucia con San Tommaso di Villanova che distribuiva il pane ai poveri. «Carneo - sostiene lo studioso - era il pittore prediletto dell’ordine degli agostiniani».
A fondare, nel XV secolo, il convento di Sant’Agostino a Udine fu la Beata Vergine Valentinis con la sorella Perfetta. «La Chiesa - si legge nella scheda di Ganzer - era stata rifabbricata nel 1664 in borgo Pracchiuso e il Collegio per fanciulle per bene godeva della protezione della città che destinava al suo governo tre nobili per sindaco e provveditori».
Rilevante il richiamo alla figura femminile nel dipinto del Carneo raffigurante la Beata Elena Valentinis con il velo bianco accompagnata da un Santo di recente canonizzazione: San Giovanni Nepomuceno, vissuto poco prima della Beata.
«La figura della Beata - spiega sempre Ganzer - non va confusa con quella di Santa Monica, la madre di Sant’Agostino spesso ritratta con lui. L’aspetto giovanile della Beata contrasterebbe con l’iconografia ben nota al pittore o al committente della Santa».
Difficile ricostruire il percorso seguito dall’opera una volta soppresso il convento degli agostiniani. «Molto probabilmente, trattandosi di un’opera di grandi dimensioni, la pala non fu venduta subito. Gaiger disse che era finita in Ungheria e la descrisse come «una composizione larga e sontuosa, dai colori soavi con figure al primo piano che ricordano l’opera migliore dell’arte veneziana, lontana eco degli Apostoli esterrefatti dell’Assunta di Tiziano».
La tela, è sempre Ganzer a ricordarlo, «veniva annotata poi nel corpus del Carneo da Aldo Rizzi che ne citava una probabile presenza in Ungheria. La Furlan rilevava inoltre come l’opera fosse ispirata a una versione incisoria del “Sant’Agostino di Anversa” di Van Dyck e come la “Madonna con bambino” si ritrovasse nelle opere giovanili a lui ascritte.».
Tutto questo era noto ai due antiquari udinesi i quali, quando si sono trovati di fronte al dipinto, si sono subito resi conto di avere per le mani un’opera dal valore inestimabile per quanto riguarda la storia della città. Ecco perché, come riconosce Ganzer, si sono premurati per far rientrare la pala là dove era stata dipinta.
«In tutti i testi sul Carneo si legge “destinazione sconosciuta” a fianco delle immagini dell’Estasi di Sant’Agostino» fa notare Copetti nell’ammettere di essere stato contattato, alcuni mesi fa, da un privato interessato a cedere l’opera. «Siamo andati a vederla e, conoscendo i cataloghi e le pubblicazioni sul Carneo, abbiamo capito subito che si trattava di un quadro importante per Udine» continua Copetti convinto che l’opera restituisce alla città un significativo apporto alla sua storia devozionale, urbana e artistica.
Un’opera che si inserisce nella storia del convento di Sant’Agostino venduto il 30 maggio 1811 a privati. Nel 1823, la Chiesa annessa venne parzialmente demolita e ristrutturata per essere poi utilizzati per altri scopi. Nel 1836 il complesso fu acquisito dal Comune e adibito prima a ospedale per fronteggiare l’epidemia di colera poi a caserma che nel tempo diventò caserma di Prampero.
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