La sovranità digitale ai tempi dell’intelligenza artificiale
Si è chiuso il Forum di Tavagnacco: focus sul lavoro e sulla democrazia di internet

Cosa resta dell’Internet degli albori, che nell’idea dei pionieri incarnava l’emblema stesso della democrazia, intesa come disintermediazione? Poco, pochissimo, secondo Stefano Quintarelli, informatico che nel 1994 fu tra i fondatori di I.Net, il primo provider commerciale in Italia orientato al mercato professionale e il primo “unicorno” internet italiano.
Quintarelli ne ha parlato domenica 19 ottobrte nel foyer del Teatro immersivo di Feletto Umberto intitolato a Paolo Maurensig, in uno degli ultimi atti della seconda edizione dell’Ai Forum, la rassegna organizzata dal Comune di Tavagnacco e da Ditedi, curata da Post Eventi con il gruppo Nord Est Multimedia. Una seconda edizione che ha visto alternarsi nell’arco di tre giorni quasi una cinquantina di relatori, tra cui Amalia Ercoli Finzi, Alessandra Poggiani, Alessandro Aresu, Ilaria Durosini, Marco Bentivogli e Marco Malvaldi.

Sovranità digitale e big tech
La tecnologia è uno dei pochi campi in cui i corsi e i ricorsi storici non valgono. Eppure, qualche somiglianza tra la bolla di internet del 2000 e questi anni segnati dalla corsa all’intelligenza artificiale, emerge. «Tuttavia – ha detto Quintarelli – è stato calcolato che la bolla dell’intelligenza artificiale vale 17 volte la bolla del 2000. Questa era però basata sul debito, su gente che si era indebitata con le banche, quindi ha messo in crisi il sistema del credito. Questa invece è pagata in larga misura con i soldi dei fondi di venture capital in piccola misura, in massima misura con il cash flow delle sei Big Tech, aziende che adesso ne stanno facendo una più di Bertoldo».
Perché? Perché hanno campo libero, autentiche praterie, spartendosi in pochissimi quel tesoro che sono i servizi online: mail, social, messaggistica istantanea. «Internet non è più quello strumento di intermediazione, comunicazione, democrazia – ha evidenziato ancora l’ex presidente del Comitato di indirizzo di Agenzia per l’Italia digitale –. Oggi ci sono degli oligarchi, chiamiamoli così, feudatari, che controllano dei sistemi che sono quelli che determinano come noi vediamo il mondo, con chi possiamo interagire, con chi non possiamo, se possiamo accedere alla loro corte oppure no».
L’AI nel dibattito politico
Eppure sono temi che raramente entrano nell’agenda politica. Poco approfonditi nelle sedi istituzionali, che del resto hanno sin qui fornito pochissime risposte a un’urgenza che appare non differibile, quella della regolamentazione dell’uso dell’intelligenza artificiale, prima fra tutte quella generativa. Ne ha parlato a più riprese in questi primi mesi di pontificato papa Leone XIV, che ha invita «a non eludere le domande profonde che il rapido progresso dell’Ai pone, a favore di uno sviluppo realmente giusto e umano».
«Registriamo una la mancanza di domanda di innovazione, di progresso, di sviluppo – ha riflettuto Quintarelli –: la reazione rispetto a questa cosa è tirare su dei muri, la celebrazione del “com’era bello prima”, il “Make America great again”. Per cui c’è mancanza di cultura, di una cultura di innovazione, di una propensione all’innovazione da parte del Paese».
Le contraddizioni dell’Europa
Oggi Quintarelli gestisce il Rialto Venture Capital e si occupa di affiancare le start up – anche nel campo dell’intelligenza artificiale – nei processi di crescita. «L’Europa investe in capitale di rischio 72 miliardi all’anno. Gli Stati Uniti 1.300 miliardi. Eppure l’Europa dà vita a più start up degli Stati Uniti. I fondi di venture capital in Europa hanno rendimenti superiori ai fondi di venture capital negli Stati Uniti. Ma a un certo punto della loro evoluzione le aziende vedono arrivare i fondi americani che hanno una capacità finanziaria non paragonabile a quelle che possono mettere in campo i nostri fondi, e comprano. Cambiamo le norme che limitano i capitali di rischio nel mercato delle start up: mi lamento spesso con Bruxelles», ha sottolineato ancora Quintarelli.
Lavoro, AI, prospettive
In questo contesto, non può che mutare anche lo scenario legato al mondo del lavoro. Ci sono professioni che hanno già subito profondi cambiamenti dall’avvento dell’intelligenza artificiale, altre destinate a essere marginalizzate. Di questo hanno parlato nel corso di un panel ospitato nello stesso teatro Maurensig ieri mattina, Marco Bentivogli, coordinatore Base Italia, l’amministratore delegato di Rotonium, Roberto Siagri e Tommaso Nannicini, economista, già senatore ed esperto di politiche del lavoro e welfare: «L’impatto si sta già vedendo – ha spiegato l’ex parlamentare, intervenendo all’incontro di ieri mattina –, del resto parliamo di un ambito che propone innovazioni a getto continuo. La sfida dei prossimi anni, anzi dei prossimi mesi, dovrà coinvolgere necessariamente politica, sindacati, imprese per fare in modo che questi cambiamenti siano a vantaggio di tutti e non di pochi».
L’ad di Rotonium, Siagri ha infine portato la visione dell’impresa, osservando come la sfida per il sistema industriale non sia la sostituzione dell’uomo con la macchina, ma la costruzione di una nuova alleanza tra competenze umane e capacità digitali.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto