Sintesi e Cementificio, saltano 71 posti

SPILIMBERGO. Doveva essere l’anno dell’agognata ripresa economica. Invece, anche il 2016, almeno per lo Spilimberghese, dal punto di vista occupazionale è cominciato come peggio non ci si poteva immaginare: entro la fine di marzo una settantina di lavoratori residenti nello Spilimberghese o impiegati in aziende del territorio saranno a rischio licenziamento.
Una situazione drammatica che sfata in un colpo solo le annunciate più rosee aspettative che vorrebbero in rilancio delle imprese e, con esse, il mercato del lavoro. E se per le maestranze della Sintesi di Spilimbergo si sta studiando come “salvare il salvabile”, un’altra doccia fredda è arrivata nelle ultime 48 ore sulle sorti dei 51 addetti del cementificio Buzzi Unicem di Usago di Travesio che, finito il periodo di cassa integrazione e vista la volontà espressa dalla proprietà di non riattivare più la linea di produzione (ferma in pratica da un paio di anni) potrebbero trovarsi licenziati nel giro di qualche settimana.
In entrambi i casi, seppure i giochi sembrano essere già stati fatti, diventano importanti gli appuntamenti in programma domani: alle 11 è infatti fissata l’assemblea dei lavoratori di Sintesi che, insieme alle parti sociali che ne rappresentano gli interessi, valuteranno il da farsi alla luce di quanto emerso nell’incontro di venerdì fra delegati dei lavoratori, sindacati e rappresentanti della Ikf spa (società di investimento che, dall’estate di tre anni fa, è titolare di un contratto d’affitto del ramo d’azienda del Gruppo Sintesi).
Sempre domani, ma alle 17, il sindaco di Travesio Diego Franz incontrerà la proprietà della cementeria di Usago per avere maggiori dettagli sulla situazione dell’impianto produttivo.
Il futuro di Sintesi. Come già anticipato ieri, le prospettive sono nere, caratterizzate da molti dubbi e amare certezze: la volontà, da parte della proprietà, di chiudere il sito produttivo a fine marzo, è sicura, tanto da avere avviato la procedura di mobilità per cessata attività per i venti lavoratori rimasti (11 impiegati e 9 operai).
Sul territorio Sintesi lascerebbe solo il punto vendita di corso Roma che, comunque, impiegherebbe al massimo una persona. Resta aperta la partita sui debiti che l’azienda ha nei confronti dei lavoratori stessi che fra stipendi non pagati, tredicesime mai viste così come trattamenti di fine rapporto e premi di anzianità maturati, ammontano a circa 160 mila euro. Soldi che i lavoratori pretendono, tanto che, pur di vederli versati sui propri conti correnti, si dicono pronti a qualsiasi azione, anche legale.
La speranza dei più è che non si debba ricorrere ai proverbiali rimedi estremi e che l’azienda dia loro quanto dovuto. Sarebbe comunque una amara consolazione: «Perdere Sintesi è una vergogna, è un lutto per la città», è il commento del sindaco Renzo Francesconi, rassegnato da mesi all’idea che «mancando un piano industriale vero, un rilancio dell’azienda fosse un’ipotesi poco ottimistica».
Ancora più duro l’attacco della capogruppo del Pd in consiglio comunale Gabriella Ius, secondo la quale «Ikf è l’ennesima società d’investimento che abbandona il nostro territorio senza assumersi alcun rischio e responsabilità imprenditoriale». Questa sarebbe la conseguenza, secondo l’esponente del Pd, «di una gestione priva di etica sociale, che non si è mai preoccupata della salvaguarda dell'occupazione e del mantenimento di una storica realtà manifatturiera del mandamento spilimberghese».
Se per la Sintesi di Spilimbergo si è ormai arrivati al capolinea, si addensano nubi minacciose anche sul futuro del cementificio di Usago. «Esaurito il periodo di cassa integrazione a rotazione avviato due anni fa, l’azienda ha comunicato ai lavoratori, seppure a malincuore, che di segni di ripresa, in un mercato già duramente provato come quello dell’edilizia, non se ne vedono», spiega il sindaco Diego Franz ricordando che, di fatto, la produzione è ferma da due anni e il forno è spento. Tutti segnali che rappresentano l’anticamera della chiusura del sito e la fine di una storia lunga 45 anni. Per i 51 addetti della cementeria lo spettro della mobilità e della perdita del posto di lavoro è ormai dietro l’angolo.
L’impianto era entrato in funzione il 12 settembre 1971 con una coltre di polvere che si depositò nel raggio di diversi chilometri, scatenando le proteste dei cittadini. Nacque un comitato, si moltiplicarono le manfestazioni, alcune violente. Alla fine il tribunale diede ragione, sul fronte dell’impatto ambientale, a coloro che protestavano.
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