Il sindaco di Udine De Toni voterà ai referendum dell’8 e 9 giugno: «Esercizio di democrazia»

La posizione del primo cittadino: «Il quorum non deve essere utilizzato per impedire di prendere una decisione»

Il sindaco di Udine De Toni
Il sindaco di Udine De Toni

«Nella storia italiana, dal dopoguerra in poi, abbiamo avuto referendum che hanno segnato passaggi chiave del nostro Paese. La scelta tra monarchia o repubblica nel 1946, il divorzio nel 1974, l’aborto nel 1978, la scala mobile nel 1986, il nucleare nel 1987. Dal 1946 a oggi, ovvero in 79 anni, abbiamo avuto ben 78 referendum: troppi.

Una media di un referendum all’anno. Un uso troppo frequente del referendum ne ha diminuito, nell’immaginario collettivo, valore e importanza. In ogni caso domenica 8 e lunedì 9 giugno andrò a votare. Lo farò con convinzione perché credo che il voto sia sempre l’esercizio più nobile della democrazia».

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Comincia così il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, nello spiegare la sua posizione sui referendum che si terranno tra meno di un mese. «La gran parte delle forze politiche contrarie ai quesiti – prosegue – ha già annunciato la scelta dell’astensione per impedire il raggiungimento del quorum e far fallire di conseguenza i referendum. Scelta legittima – come disse a suo tempo anche il presidente emerito Giorgio Napolitano – che però non condivido per almeno tre motivi». E qui De Toni entra nello specifico.

«Il primo è di “rispetto dello spirito costituzionale” – sostiene –. Chi invita all’astensione utilizza un meccanismo previsto dalla Costituzione contro il suo stesso spirito. Il quorum dovrebbe essere uno stimolo alla partecipazione ampia, non uno strumento per impedire la decisione. Il secondo è di “coraggio politico”. In ogni referendum, come in ogni elezione, ci sono percentuali sempre più numerose di persone che scelgono di non votare. Persone che sono di fatto “neutrali” circa il quesito referendario. Poi ci sono i favorevoli e i contrari. Per la presenza del quorum, i contrari stanno di fatto alleandosi con i neutrali “a loro insaputa” pur di vincere. È un modo di affermarsi corretto sul piano formale, ma opportunistico sul piano sostanziale».

Il terzo, infine, «è di “legittimazione indiretta del non voto”». Il sindaco si spiega meglio. «Alle Politiche del 1953 – prosegue – votò il 94% degli aventi diritto, nel 2022 il 64%. Ovvero un 30% in meno. Alle ultime Regionali ha partecipato il 45%. Viviamo una crisi della partecipazione democratica grave, la fiducia nelle istituzioni si è ridotta e sempre più cittadini scelgono l’astensione. Invitare ad andare a votare alle Politiche e a non farlo ai referendum è un messaggio contradditorio. Non contrasta la disaffezione al voto, anzi la amplifica. E legittima anche chi ha deciso di disertare permanentemente le urne».

De Toni, quindi, conclude con una considerazione. «In regione – è il finale – si è abbassato il quorum dal 50% al 40% per l’elezione al primo turno dei sindaci. Il Governo vuole estendere questa legge a tutto il Paese. Anziché interrogarsi sulle cause profonde dell’astensione e tentare di contrastarla, la si insegue abbassando i quorum e legittimando che una minoranza sia sufficiente a eleggere il sindaco. Ma seguire la corrente spesso non affronta la causa del problema. Come recitano i saggi: “Se si vuole arrivare alla fonte bisogna nuotare controcorrente”». 

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