«Silla era mio padre, ha lottato per la libertà»

Ferdinando Pascolo nei ricordi del figlio: «Due volte è stato arrestato, e due volte è scappato»
Di Giada Marangone

Un eroe riservato, un testimone e un attore di una concezione “fraterna” dei rapporti tra le Nazioni, una persona che cercato l’umanità nelle persone e mai le rivalità neppure tra “divise di un altro colore”, che ha offerto aiuto indistintamente all’altro, senza classificare “amici e nemici” ma solo in quanto uomini: questo è stato ed è ancora Ferdinando Pascolo detto “Silla”.

La vita di Silla è quella di un «italiano tra guerra e liberazione», uno «strano ragazzo» friulano. Ferdinando Pascolo, nato il 24 ottobre 1919 a Gemona, è stato un soldato della Campagna di Russia e poi, partigiano nella Resistenza al nazifascismo.

«Mio padre - racconta il figlio Paolo, ordinario di Bioingegneria Industriale dell’Università di Udine – parte con la prima ondata di occupazione del territorio sovietico degli italiani. Ben presto, però, si rende conto del bluff della propaganda fascista che professa un’Italia imperiale, invincibile».

Pascolo percepisce, quasi immediatamente, una diversa prospettiva della guerra, non un “gioco” di numeri e potenze, ma una sensazione di orrore di fronte alla crudeltà dei conflitti a danno degli uomini, dei più umili. Durante la sua permanenza come Csir (Corpo di spedizione italiano in Russia) organizza a Dnepropetrovsk una sorta si sussistenza, riuscendo a salvare tantissimi soldati italiani ormai allo stremo, senza cibo da giorni.

«Successivamente rientra in Italia e trova una Nazione allo sbando – continua il figlio Paolo –. L’8 settembre a Castenaso è avvicinato da partigiani che gli consegnano abiti civili e fortunosamente rientra illeso a Udine. Trova ospitalità da parenti nella Bassa friulana, più precisamente a Rivignano, poi rientra a Udine».

Silla capisce che la guerra sta finendo e organizza un’attività di sussistenza ai partigiani, offrendo cibo, coperte e generi di prima necessità. Si rende conto che se i partigiani sono affamati rischiano di diventare ostili con la popolazione.

«Lui desiderava che non ci fossero mai scontri, ne con i civili, né con i soldati di leva tedeschi, né tra partigiani: dovevano esserci meno morti possibile» sottolinea il figlio.

In un magazzino che credeva essere pieno di coperte, Silla è arrestato, ma riesce ad evadere durante l’assalto delle carceri di Udine.

Dopo alcuni giorni è di nuovo in prigione ma, grazie all’aiuto del direttore delle carceri che vuole evitare che la polizia nazista lo torturi per estorcergli segreti dell'attività del Cln, evade nuovamente. Nei successivi 65 anni Pascolo mantiene il massimo riserbo sulla sua esperienza durante la guerra. È sulla soglia dei 90 anni che, il 24 ottobre 2009, con un messaggio del Capo dello Stato Maggiore della Difesa, la “vicenda Silla” esce dalla sfera privata per essere condivisa da tutti.

Ispirato a Silla, nel 2012, la dirigente scolastica dello Stringher Anna Maria Zilli dà impulso al progetto «Umanità dentro la guerra» che coinvolge gli studenti delle scuole superiori, e ha ottenuto la sua consacrazione a Redipuglia in occasione della prima visita di Papa Francesco al Sacrario. Nel 2013, in coincidenza con il secondo anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 28 aprile 2011, il nome di Silla è risuonato nell’omelia tenutasi proprio nella chiesa del Sacrario, come un richiamo alla necessità di una pace duratura tra i popoli d’Europa.

«La vita di mio padre Ferdinando Pascolo – ha concluso il figlio Paolo – va ricordata per i valori che ispirarono le sue azioni e quelle di tanti altri che, come lui, soffrirono e si sacrificarono per una società più libera e giusta».

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