Sicurezza, impresa investe sui dipendenti

San Quirino, la “rivoluzione” alla TSM: coinvolti i lavoratori in corsi per “abbattere” i rischi
SAN QUIRINO . C’è un’azienda a San Quirino che in tempi di crisi ha deciso di investire risorse per diventare virtuosa sul fronte della sicurezza sul lavoro. Si tratta della TSM , dove il titolare Andrea Della Schiava ha avuto l’intuizione della necessità di partire dal basso, con il coinvolgimento di ogni dipendente, per centrare l’obiettivo di costruire un luogo di lavoro dignitoso e sicuro, al punto da ottenere la certificazione “d’eccellenza” 18001.


L’impresa è stata fondata una quarantina di anni fa dal padre dell’odierno titolare e da un altro socio, oggi non più presente. Allora si occupava del trattamento superficiale del metallo, ma attualmente – con i suoi 40-50 dipendenti – realizza componentistica al servizio delle ditte più grandi che esternalizzano certi tipi di lavorazioni. «Siamo un’azienda di servizi – dice Della Schiava –, che fornisce componenti a complemento di produzioni di settori diversi, dall’illuminazione di design alle macchine per il caffè».


La produzione è limitata, in quanto a numero di pezzi, e tagliata su misura per le esigenze del cliente. Per garantire piccoli lotti con servizi differenziati, la tecnologia dei macchinari non è sufficiente: è indispensabile anche un capitale umano qualificato. «La componente umana nei piccoli lotti è più importante che nelle grandi serie», conferma Della Schiava. Così, per tutelare e valorizzare i dipendenti, la TSM ha puntato sull’aspetto formativo, anche a livello di sicurezza. «Abbiamo strutturato un metodo per dare ai lavoratori dei pilastri guida per far sì che non si facciano male o si ammalino». Per l’ottenimento della certificazione 18001 ci è voluto un anno di lavoro, con il supporto di uno studio specializzato del settore con sede a Roveredo.


«Volevamo trovare degli strumenti per prevenire gli infortuni – sottolinea Della Schiava –. Spesso le piccole realtà sono centrate su figure padronali e si sviluppano grazie alle qualità personali dei titolari, ma poi finiscono per manifestare fragilità. Il nostro obiettivo era invece di costruire un’infrastruttura, una rete di persone consapevoli: molto spesso il lavoratore subisce in modo passivo la sicurezza sul lavoro, e a livello aziendale diventa difficile veicolare questo concetto. Bisognava dunque coinvolgere i dipendenti in prima persona, facendoli diventare parte attiva nel processo di prevenzione».


Con questa nuova impostazione metodologica, per esempio, l’obbligo di indossare i dispositivi di protezione individuale sul luogo di lavoro non viene più vissuto dai dipendenti come una noiosa disposizione calata dall’alto, ma come un atto di responsabilità personale. Un po’ come allacciarsi le cinture in auto o indossare il caschetto protettivo mentre si pedala sulla bici. Non si creda che la faccenda sia così semplice, poiché per soddisfare i rigidi parametri imposti dagli enti certificatori sulla sicurezza l’azienda ha dovuto occuparsi di aspetti molto più complessi e articolati, per affrontare i quali è stato tuttavia indispensabile partire da un differente approccio al tema da parte dei lavoratori.


©RIPRODUZIONE RISERVATA


Riproduzione riservata © Messaggero Veneto