Sì all’estradizione per Cesare Battisti: aveva ucciso il maresciallo Santoro

Cinque a quattro per l’estradizione di Cesare Battisti in Italia. È finita in questo modo la terza udienza del Supremo tribunal federal brasiliano sul caso giudiziario che ormai da mesi ha al centro il destino dell’ex terrorista rosso (foto), condannato anche per l’assassinio a Udine nel 1978 del maresciallo Antonio Santoro.
BRASILIA.
Il Tribunale supremo federale brasiliano si è espresso: 5 voti favorevoli e 4 contrari. Cesare Battisti, ex terrorista rosso condannato all’ergastolo per quattro diversi omicidi, può essere estradato in Italia. I giudici hanno stabilito che i reati per cui Battisti è stato condannato non sono di natura politica. Per questo lo status di rifugiato politico, concessogli a gennaio dal ministro brasiliano della Giustizia Tarso Genro, non è da considerarsi legittimo.


Determinante è stato il voto favorevole del presidente del Tribunale, Gilmar Mendes. «Ho votato a favore dell’estradizione. Nessuno può attribuire a questi crimini di sangue, commessi in forma premeditata, il medesimo carattere di un reato politico», ha detto a margine della sessione. Poi (a tarda ora in Italia), il Supremo tribunal federal, per 5 voti a 4, ha lasciato l’autorità sulla decisione finale in merito all’estradizione di Cesare Battisti al presidente Luiz Inacio Lula da Silva.


Battisti è stato condannato in Italia come responsabile di quattro omicidi: a Udine, quello del maresciallo della polizia penitenziaria Antonio Santoro, quello del macellaio di Mestre Lino Sabbadin, quello del gioielliere milanese Pierluigi Torregiani, e infine, sempre a Milano, quello di Andrea Campagna, agente della Digos.


La decisione del Tribunale tuttavia non comporta automaticamente l’estradizione di Battisti in Italia. Dopo un intervallo, infatti, i giudici hanno deciso - come si è detto - che l’ultima parola, in merito alla concessione dello status di rifugiato politico, spetta al potere esecutivo, quindi al presidente Lula. In sostanza, hanno deciso che la firma del presidente è un atto discrezionale. In quest’ultimo caso, significherebbe che Lula può rifiutare l’estradizione.


Da Roma, dove ha partecipato al vertice Fao sulla sicurezza alimentare, Lula aveva dichiarato di non volersi opporre alla sentenza del Tribunale, malgrado si fosse già espresso contro l’estradizione. «Se la sentenza della Corte sarà decisoria, allora non si discute, si applica», aveva detto. Resta da vedere, a questo punto, cosa accadrà.


In sostanza, Lula dovrà decidere tra due posizioni: ribadire il via libera all’estradizione, come chiesto anche qualche giorno fa dal premier Silvio Berlusconi e seguendo così quella che è di fatto una posizione bipartisan in Italia, come ha tra l’altro ribadito l’applauso unanime con la quale l’Aula della Camera ha accolto la notizia. O respingere il verdetto, sconfessando così quanto deciso dal suo ministro della giustizia, Tarso Genro, che a gennaio ha concesso il controverso asilo politico all’ex terrorista italiano, 54 anni, il quale ha seguito l’udienza dal carcere.


Battisti, in sciopero della fame da sabato scorso, aveva ricevuto poche ore prima della sentenza, la visita di alcuni parlamentari brasiliani, che hanno riferito alla stampa locale di averlo trovato «magro, pallido, ansioso e debilitato, ma disposto a portare avanti la protesta fino alle estreme conseguenze». «Ha anche sospeso i trattamenti medici», hanno aggiunto i parlamentari.


Giovedì scorso, l’Alta Corte brasiliana aveva sospeso il dibattimento dopo il voto di Marco Aurelio Mello che aveva riportato in equilibrio la situazione, con quattro giudici a favore dell’estradizione e quattro contrari, un astenuto e un assente. Contro il voto di Mendes in favore dell’estradizione, la difesa di Battisti aveva presentato ricorso nella seduta della settimana scorsa, sostenendo che il “voto di spareggio” è previsto solo per materie costituzionali. Il ricorso è stato però respinto, perché secondo i giudici della Corte il criterio di costituzionalità era soddisfatto.

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