Si aggiudicò il posto al Cro di Aviano senza dire il falso dottoressa assolta



Difficile illudersi di mantenere segreto ciò che segreto non è. Tanto più se a parlarne è già stata la stampa. E allora, come si deve giudicare il comportamento di una candidata a un posto di dirigente medico di chirurgia plastica che, nella relativa documentazione, omette di indicare il procedimento penale che ha in corso in un’altra regione? Come un semplice errore o, alla peggio, una leggerezza dovuta alla scarsa conoscenza della materia. Ma non certo nei termini della “falsità ideologica in atto pubblico” ipotizzata invece dalla Procura di Udine.

Ieri, nel valutare il caso della dottoressa Daria Almesberger, 35 anni, di Trieste, il tribunale di Udine ha aderito alla tesi sostenuta dal suo difensore, l’avvocato Antonio Malattia, che aveva parlato semmai di un «falso innocuo e ininfluente» e che, nell’estate del 2017, aveva avuto ragione già in sede civile, con l’annullamento della risoluzione del contratto deciso dall’Azienda sanitaria universitaria integrata di Udine. «Il fatto non costituisce reato», ha concluso il giudice monocratico Luca Carboni, assolvendo con formula piena l’imputata, per la quale il pm onorario Alessandra Cadalt aveva chiesto invece la condanna a 4 mesi di reclusione.

La vicenda risale al 2016 e si realizza in due tempi. Il 16 settembre, con la compilazione della domanda di ammissione alla selezione bandita dal “Santa Maria della Misercordia” e, il 19 dicembre, con la dichiarazione sostitutiva prodotta in qualità di vincitrice di quel posto, un incarico di supporto specialistico al Cro di Aviano. In entrambi i casi, alla voce “condanne penale” e “procedimenti penali in corso”, non figurava alcun riferimento al processo tutt’ora pendente in Cassazione per un’ipotesi di concorso in abuso d’ufficio. Avvedutasi della mancata indicazione, peraltro sulla scorta di una lettera anonima sulla quale la stessa Procura ha avviato accertamenti, l’Azienda aveva decretato l’esclusione di Almesberger dalla graduatoria di merito. Provvedimento che il giudice del lavoro aveva tuttavia annullato, in quanto illegittimo.

Celebrato con rito abbreviato condizionato all’audizione del primario a sua volta coinvolto nella vicenda padovana, il processo ha ruotato attorno all’ampia diffusione che la notizia del caso aveva avuto negli ambienti sanitari e non. Era stato lo stesso medico a dichiarare la propria incompatibilità in seno alla commissione esaminatrice che avrebbe dovuto selezionare il collega o la collega da destinare al Cro di Aviano. Per non dire dell’assenza totale di dolo. «Semmai, si è trattato di un equivoco – ha detto l’avvocato Malattia – cui ha concorso in modo decisivo il certificato negativo del casellario rilasciatole il 2 settembre dalla Procura di Trieste. Sopra non risultava niente a suo carico e lei si è fidata. Neppure un folle avrebbe potuto pensare di occultare deliberatamente circostanze comunque irrilevanti ai fini dell’ammissione, oltre che già di dominio pubblico». —

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