Sfila la bandiera di guerra la città torna a sorridere

di Roberto Raschiatore
L’AQUILA
. Sono le 19 in punto e si interrompe l’allegro vociare che da ore riempie la città ferita. La Brigata Taurinense attacca con l’Inno nazionale. Parte anche il primo applauso. «Forza L’Aquila» grida una delle migliaia di penne nere arrampicata su una transenna nel parco della basilica di Collemaggio. Sono le istantanee che precedono la sfilata di uno dei simboli della storia alpina, racchiusa nei tre colori della Patria, e che vanno a chiudere la prima giornata di cerimonie ufficiali dell’Adunata 2015.
La sfilata è quella che rende onore alla Bandiera di guerra del Nono Reggimento alpini, un vessillo carico di gloria, sangue e dolore, che conobbe «ogni limite di sacrificio e di ardimento nella tormentata trincea o nell’aspra battaglia», che seppe scrivere pagine epiche grazie agli uomini che «calcarono vittoriosamente le giogaie del Pindo», quei «granitici e fieri alpini sui monti di Grecia e di Albania».
Il ritmo della fanfara scandisce il passo della sfilatata, con i partecipanti che si muovono all’unisono, come un unico corpo. Uno spettacolo fatto di tre colori – il verde, il bianco e il rosso – accompagnato da attempate quanto emozionate penne nere. Uno spettacolonello spettacolo quello dei “veci” che tengono il passo imparato al tempo della naja.
Al passaggio del labaro nazionale dell’Associazione alpini tutti scattano sull’attenti. Onori a un altro pezzo di storia, sul quale brillano 208 medaglie. La sfilata prende sempre più vita nell’allegro fiume di cappelli con le piume al vento. È la volta del passaggio del labaro della sezione Abruzzi e della sua maestosa aquila. Il primo gonfalone è quello del Comune dell’Aquila, poi passano quelli di Regione e Provincia, infine altri in rappresentanza di molti municipi abruzzesi. Il verde dei labari delle sezioni arrivate da tutta Italia riempie occhi e cuori: Belluno, Padova, Roma, Mondovì, Ivrea, Lucca-Livorno, Sardegna e tantissimi altri. Sfila anche il labaro del Sud Africa e poco dopo si assiste al passo cadenzato dei baschi verdi degli alpini di Spagna.
Infine, come a voler chiudere un cerchio, ci sono i giovani alpini, i “bocia”, con le loro felpe e i loro messaggi: dal 1919... l’impegno continua. Gli alpini che finora hanno fatto da spettatori si uniscono al corteo e attraversano viale Crispi e corso Federico II, fino a piazza Duomo. «Solo alla sfilata hanno partecipato non meno di 12mila persone» è la stima di Carlo Frutti del Comitato organizzatore di questa Adunata 2015 «tutto sta andando benissimo e alla fine saranno anche più di 300mila le persone che arriveranno all’Aquila. Ma ho tre proposte da fare per chiudere al meglio l’evento. La prima: illuminare il cosiddetto Corso stretto. La seconda: istitutuire un senso unico a piedi dalla Fontana luminosa a piazza Duomo. La terza: vietare a furgoncini, auto e trabiccoli vari di passare sul Corso; gli alpini sono disciplinati ma in strada ci sono parecchi bambini ed è meglio evitare incidenti».
Sull’epilogo della giornata c’è anche l’intervento di don Bruno Fasani, direttore de L’Alpino: «La gloriosa bandiera di guerra del Nono reggimento alpini è un’icona che ricorda l’eroismo di molti. Soldati appartenuti o che appartengono a un Reggimento che si è distinto nelle due guerre mondiali e in molte missioni internazionali, dal Mozambico all’Afghanistan. Un Reggimento che ha dimostrato il proprio eroismo anche dopo il terribile terremoto del 6 aprile 2009». In piazza Duomo c’è un breve discorso del sindaco Massimo Cialente, che ribadisce il concetto già espresso nella cerimonia mattutina. «Sto registrando gioia in città» le parole del sindaco «l’Adunata ha un significato particolare, perché si svolge in una città alpina che da decenni sognava di ospitarla, e perché in occasione della tragedia che ci ha colpito i primi volontari ad arrivare furono quelli dell’Associazione nazionale alpini. La città è ancora ferita, ma per noi queste giornate rappresentano un’iniezione di fiducia. Il clima è cambiato grazie a voi alpini».
Alle 19.41 la cerimonia vive l’ultimo capitolo. In una straripante piazza Duomo vengono resi gli onori al labaro dell’Associazione nazionale alpini e al vessillo della Sezione Abruzzi. Un emozionato Rocco Di Cintio, alpino da mezzo secolo, ci tiene a ricordare il motto del Nono Reggimento alpini, coniato dal poeta pescarese Gabriele D’Annunzio. Un motto che racchiude quattro località fra Abruzzo e Lazio, L’Aquila, Leonessa (Rieti), Ugne (l’attuale Orsogna) e Penne. «D’Aquila Penne, Ugne di Leonessa» afferma Di Cintio a gran voce «viva gli alpini!».
La folla torna a cantare e la Bandiera di guerra viene scortata dal generale Massimo Iacobucci, comandante del Nono, nella vicina sede della prefettura. Domani tornerà a sfilare col suo carico di storia nel grande corteo dei “veci” e dei “bocia”.
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