Sempre più seminaristi: a Castellerio sono 31. E c'è chi ha rinunciato al cinema per la vocazione

Il percorso in seminario dura sei anni. La maggior parte dei ragazzi arriva da Udine. Ecco le loro storie

La campana, più che la campanella, suona lunedì mattina alle 8, in tempo per le Lodi. E il tempo è scandito in maniera rigorosa tra preghiera, lezioni, studio. Il seminario interdiocesano San Cromazio di Castellerio è abbarbicato su una collina, appena fuori Pagnacco.

La strada tutte curve che porta alla struttura religiosa udinese è percorsa ogni lunedì da 31 seminaristi, che arrivano dalle diocesi di Udine, Gorizia e Trieste. Era da anni che via Castellerio non veniva percorsa da così tante gambe “armate” dalla Fede. «Effettivamente, abbiamo registrato un sensibile aumento nelle vocazioni – spiega don Loris Della Pietra, dallo scorso giugno rettore del seminario –. Ma da qui a parlare di boom ce ne passa... Non si tratta di pianificare qualcosa, ma piuttosto di proporre una via possibile per vivere l’esistenza in comunione con Dio».

Dei 31 seminaristi, 21 provengono dalla diocesi di Udine, otto da quella di Trieste e due da quella di Gorizia. «Per quanto riguarda la nostra diocesi – riprende don Loris – si è mosso in maniera attiva l’arcivescovo, assieme ai sacerdoti più giovani, che animano il gruppo Tabor, un piccolo periodo di formazione e preghiera, che serve a capire se il desiderio di abbracciare la vita religiosa può radicarsi con la forza necessaria».

Nel 1996, a fronte dell’inarrestabile calo delle vocazioni, fu decisa l’istituzione di un unico seminario interdiocesano, che avrebbe dovuto accogliere gli aspiranti alla vita sacerdotale. In un contesto generale in cui si riduce il ricorso ai sacramenti e crescono i casi di sbattezzo, l’aumento del numero di aspiranti preti pare quasi una contraddizione in termini. Eppure, in Friuli questo sta accadendo. Nessuna folgorazione sulla via di Damasco: «Piuttosto, la motivazione si incrocia a un’esperienza: spesso – racconta ancora il rettore – la volontà di mettersi al servizio di Dio nasce dall’aver visto il proprio parroco all’opera, dall’aver ammirato la dedizione di un sacerdote».

Non c’è un’età per entrare in seminario. Di comune, c’è il percorso che accompagna fino all’ordinazione, che si snoda attraverso un percorso di almeno sei anni, che consegna nelle mani degli ordinati un baccellierato in teologia. La prima tappa è rappresentata dal rito di ammissione, che si raggiunge dopo aver concluso il biennio di “discernimento”. Alla fine del terzo anno il vescovo conferisce il lettorato (il seminarista a quel punto può proclamare il Vangelo), alla fine del quarto c’è il passaggio all’accolitato, che consente all’aspirante sacerdote la possibilità di distribuire ed esporre l’Eucaristia. Al quinto anno, penultima curva prima del presbiterato, c’è l’ordinazione diaconale.

Un traguardo, questo, già tagliato da tre giovani, ordinati a ottobre che dovrebbero diventare nei prossimi mesi sacerdoti a tutti gli effetti. Per quattro ragazzi, invece, il 2017 sarà l’anno della “promozione” a diacono.

I seminaristi, dopo aver trascorso parte del sabato e le domeniche tra la famiglia e le proprie parrocchie, rientrano a Castellerio il lunedì mattina per le Lodi mattutine. Dalle 8.30 alle 12.30, ogni giorno, i ragazzi sono a lezione, mentre il pomeriggio è dedicato a studio e preghiera. Che, ovviamente, scandiscono con continuità la vita all’interno della struttura religiosa. Dal martedì al sabato le Lodi iniziano alle 7, poi alle 18.45 vespri e messa, ogni giorno.

Non mancano appuntamenti fissi a cadenza settimanale, come serate formative o culturali (il martedì), la lectio divina sul Vangelo della domenica (il giovedì), le prove del coro, l’atto penitenziale comunitario (il venerdì). E ancora, cinque ritiri spirituali ogni anno e gli esercizi spirituali a Crespano del Grappa.

Tappe che consentono agli aspiranti sacerdoti di essere pronti alle sfide che quotidianamente gli uomini di religione devono affrontare. «Oggi l’impegno del prete è differente rispetto al passato – spiega don Loris –. Si è pastori di più comunità, spesso con fatiche immani. Giocare la partita della Fede oggi non è scontato, in una fase storica in cui la stessa Fede viene messa in discussione da tanti: come indica papa Francesco, è necessario praticare una “Chiesa in uscita”, serve annunciare il Vangelo con il rischio di sporcarsi».

L’aumento delle vocazioni non può che essere accolto con speranzoso favore da chi amministra la Chiesa friulana: «Siamo una delle diocesi più vaste e complesse d’Italia, anche dal punto di vista storico. Questo richiede un grande impegno da parte di tutti noi per fornire le risposte che il territorio richiede, dai monti della Carnia al mare di Lignano», conclude il rettore del seminario intitolato a san Cromazio.

LE STORIE

  • Mattia, dal cinema all'altare: la chiamata arrivata mentre stava lavorando a una pellicola

È stato un film a far scattare la scintilla della Fede in Mattia Vecchi, 31 anni, di Gorizia. «Per dieci anni ho lavorato nel mondo cinematografico, come produttore: mi occupavo di cinema d’autore, ho prodotto film scritti anche con Magris. Poi, mentre stavo lavorando a una pellicola su santa Veronica Giuliani, ho maturato la mia scelta vocazionale».

Il film, “Il risveglio di un gigante” è nelle sale proprio in queste settimane. E nei titoli di coda figura anche il nome di Mattia, che nel frattempo ha abbracciato il percorso in seminario: a Castellerio è entrato tre anni fa, proveniente dalla parrocchia di Sant’Anna di Gorizia, la più popolosa del capoluogo isontino, guidata da quarant’anni da don Diego Bertogna.


«Perché questa scelta? Ho sentito l’esigenza di dare qualcosa, di mettermi al servizio dell’altro - racconta il trentunenne seminarista -. Prepararsi a fare il sacerdote significa essere pronti a camminare tra la gente per la gente, in un percorso di Fede e di crescita comune».


Un ruolo, quello del prete, che ha subito inevitabilmente mutamenti rispetto al passato, anche recente. «Quella del sacerdote non è più una figura autoritaria, ma un pastore che cammina con il gregge», il pensiero del seminarista goriziano. E sull’aumento di vocazioni: «Effettivamente in Friuli si registra una nuova primavera: in seminario siamo 31, si respira un bel clima. C’è convinzione nell’abbracciare una scelta che è a tutti gli effetti radicale. Rinunce? Ce ne sono, certo. Ma parlerei piuttosto di vita donata».

  • Michele, «Vengo da una famiglia religiosa. Il vescovo è stato il perno della vocazione»

Per Michele Frappa, ventottenne di Camino al Tagliamento, la “chiamata” non è stata una sorpresa. «Vengo da una famiglia molto religiosa – racconta –. Sono stato avvicinato alla comunità parrocchiale fin da piccolo, vivendo dall’interno le attività della mia chiesa. Poi ho iniziato a frequentare l’istituto alberghiero e l’attività di stage, che si svolgeva soprattutto il sabato e la domenica, mi impediva di partecipare alla messa. Poi ho lavorato nella scuola materna del mio paese e seguivo il corso di Scienze religiose: è stato in quel momento che ho capito».

Michele, giunto al terzo anno del suo percorso al seminario interdiocesano di Castellerio, racconta che il perno della sua vocazione «è stato l’arcivescovo Mazzocato, che mi è sempre stato accanto nel mio percorso di avvicinamento al seminario», racconta il giovane di Camino.

«Sorpresa tra i miei parenti? Direi di no: i miei genitori avevano la consapevolezza che mi stavo avvicinando a questo passaggio. Piuttosto, riscontro stupore negli occhi dei conoscenti a cui comunico la mia scelta – prosegue sorridendo Michele –. Mi guardano con gli occhi sbarrati, ma nelle loro parole ci sono anche gli incoraggiamenti a continuare su questa strada».

Il futuro don Frappa sta svolgendo il proprio tirocinio pastorale nella parrocchia di San Michele Arcangelo di San Daniele. «Seguo anche i giovani, anche se rispetto al passato riesco a condividere con loro meno momenti». La vita in seminario? «Molto studio e ancor più preghiera. Ma ci sono moltissime attività: giochiamo anche a pallone, quest’anno il torneo triveneto dei seminaristi si svolgerà proprio a Udine», esulta Michele.

  • Luca, «Sacerdote in un paesino di montagna» E il tirocinio tra i giovani a Pasian di Prato

«Come mi piacerebbe interpretare il mio ruolo di sacerdote? Alla don Camillo, con le mie quattro anime da curare, magari in una chiesetta di montagna». Ride Luca Presotto, originario della frazione lignanese di Bevazzana, mentre prova a proiettarsi al futuro che lo vedrà indossare i paramenti sacri da prete.

«Mi rendo conto però che sarà estremamente dura: una volta i sacerdoti curavano l’orticello, mentre ora devono occuparsi di tanti campi – analizza lucido –. C’è da dire che in un contesto in cui cala il numero di sacerdoti, un ruolo fondamentale è interpretato dai laici. E ce ne sono moltissimi disposti a impegnarsi, per fortuna».


Luca Presotto ha 25 anni. E da tre è al seminario san Cromazio di Castellerio. Dopo essersi diplomato al geometri e aver iniziato a frequentare i corsi di Ingegneria civile, ha deciso di dedicarsi alla Fede. «Nessuna folgorazione: ho cominciato a pensare a farmi prete già da quando ero in terza superiore – racconta –. Ho deciso comunque di proseguire il mio percorso di studi e iscrivermi all’Università. Al secondo anno l’idea è tornata forte e ho deciso di intraprendere questo cammino. I miei genitori non l’hanno presa benissimo: inizialmente è stata duretta convincerli».

Luca sta svolgendo il suo tirocinio pastorale alla parrocchia di san Giacomo apostolo di Pasian di Prato. «Il sabato e la domenica sono lì: seguo il catechismo dei ragazzi delle superiori e il gruppo cresima, in più svolgo il servizio durante le messe», spiega entusiasta.

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