“Schiavi” nei centri-lager: in campo anche il Vaticano

I volontari dell’associazione di San Vito al Torre verranno ricevuti venerdì a Roma. Incontreranno monsignor Tomasi, osservatore della Santa Sede alle Nazioni Unite

UDINE. Passo dopo passo, goccia dopo goccia, il caso dei malati di mente che, in Africa occidentale, sono costretti a vivere incatenati – letteralmente – agli alberi della foresta oppure a blocchi di cemento travalica i confini nazionali e approda sulle scrivanie più importanti del vecchio continente.

Quelle, in altre parole, che sono realmente in grado di incidere, e premere, per cercare di trovare una soluzione a un problema che coinvolge migliaia di persone tra Burkina Faso, Costa d’Avorio, Togo, Benin e Ghana. E quegli enti che, allo stesso tempo, possono contribuire concretamente al lavoro dell’associazione “Jobel” che, da oltre 20 anni, sostiene la battaglia di liberazione dalle catene di Gregoire Ahongbonon. Dopo l’interessamento della Regione – di cui riferiamo a parte – e l’apertura da parte dell’Unione europea, infatti, questa volta a muoversi è la Santa Sede che ha contattato i volontari di “Jobel” invitandoli a Roma venerdì. Un appuntamento che, di fatto, può rappresentare l’anticamera della presentazione del dossier, da parte degli uomini del Vaticano, alle Nazioni Unite a Ginevra.

Nunzio apostolico

Perchè parliamo dell’Onu? Semplice: perchè al meeting capitolino dei volontari dell’associazione non parteciperà una persona qualsiasi, bensì monsignor Silvano Maria Tomasi. Un esponente di primo piano all’interno della curia e, soprattutto, un grande esperto di diplomazia e di rapporti internazionali.

Ordinato sacerdote della Congregazione dei missionari di San Carlo da monsignor Joseph Maria Pernicone, vescovo ausiliare di New York, nel 1965, è stato poi nominato segretario del pontificio Consiglio per i migranti. Quindi, siamo nel 1996, veste i panni del Nunzio apostolico in Etiopia ed Eritrea ed è consacrato arcivescovo dal cardinale Angelo Sodano.

Il 24 aprile 1999 riceve il titolo personale di arcivescovo di Asolo e l’anno successivo viene nominato Nunzio apostolico per il Gibuti. Il fiore all’occhiello della carriera di monsignor Tomasi, però, è la scelta da parte del Vaticano di indicarlo come osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite. Un ruolo che occupa, ininterrottamente, dal 2003. E proprio a lui, venerdì, gli uomini e le donne di “Jobel” presenteranno la documentazione che testimonia lo stato disumano in cui sono costretti a vivere i “folli” in Africa occidentale. Con la speranza, certamente non velata, che il Nunzio apostolico si prenda in carico il compito di portare il plico con le fotografie e i filmati sul tavolo della sede svizzera dell’Onu: in particolare l’obiettivo è di chiamare in causa quelle sezioni che si occupano della difesa e del rispetto dei diritti umani in tutto il pianeta.

Pregresso

Il ruolo del Vaticano, in questa battaglia di civiltà e di umanità, può rappresentare – per il peso politico che riveste a livello mondiale – una delle fondamentali chiavi di volta per cancellare una delle più grandi barbarie del XXI secolo. Ma allo stesso tempo contano, e parecchio, le istituzioni comunitarie che, un paio di giorni fa, hanno offerto una sponda favorevole all’associazione di San Vito al Torre. Lo scorso fine settimana, infatti, un gruppetto di volontari è volato a Bruxelles per incontrare Riccardo Ribera d’Alcala, direttore generale della direzione generale delle politiche interne dell’Unione europea.

E stando alle dichiarazioni dei componenti di “Jobel”, il politico italiano, dopo aver preso atto della gravità della situazione di questi nuovi schiavi d’Africa, ha assicurato che presenterà la documentazione alla Commissione per i diritti dell’uomo del Parlamento europeo – alle dirette dipendenze di quella per gli Affari esteri – e che organizzerà una serie di incontri specifici, assieme ad alcuni europarlamentari italiani e stranieri, in cui perorare la causa dell’associazione e lo straordinario lavoro di Gregoire.

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