San Domenico dimenticato da 80 anni, chiede un negozio

UDINE. Un minuscolo agglomerato di casette basse costruite per dare alloggio agli udinesi rimasti senza dimora a seguito del disastroso scoppio della polveriera di Sant’Osvaldo nel 1917. Un’area rurale, fuori dalle porte della città, dove poter accogliere anche le famiglie emigrate durante la Grande Guerra e di ritorno in Friuli.
Fu così che sui prati della Faula, in mezzo alla campagna, nacque il quartiere di San Domenico, dove circa ottant’anni fa il Comune iniziò a costruire le prime abitazioni.
Nessuno, al tempo, avrebbe immaginato che in quella zona rurale situata a Ovest della città, tra il torrente Cormôr, il casale dei Rizzi e il cimitero urbano di San Vito, un giorno, sarebbe sorta una delle strutture di assistenza più importanti della regione, la Casa dell’Immacolata. Il quartiere Africa (con piazza Libia, le vie Eritrea, Bengasi, Tripoli) oggi, dopo un periodo di turbolenze sociali tra gli anni Settanta e Novanta, è un luogo tranquillo, ma mancano ancora i servizi.
Per un pezzo di pane e un litro di latte, chi abita a San Domenico si deve ormai recare in via Leonardo Da Vinci oppure al Villaggio del Sole. I supermercati hanno chiuso i battenti ed è divenuto un quartiere da cui bisogna uscire per trovare gli indispensabili servizi di cui una comunità, seppur piccola, ha necessità. Una collettività comunque, quella di San Domenico, che sin dalla sua costituzione fisica ha sempre ritrovato una sua unità, una comunione solidaristica che, di fatto, l’ha differenziata dal Villaggio del Sole.
Forse anche da questi diversi scenari nacquero, circa una quarantina di anni fa, quegli antagonismi giovanili che ancora oggi sono ricordati. Scontri e litigi tra bande giovanili, frutto probabilmente, hanno raccontato alcuni residenti, dei diversi assetti sociali dei due quartieri: uno, San Domenico, più operaio e dunque in qualche modo più unito e compatto di fronte a problemi comuni legati alle scarsità finanziarie dei residenti; l’altro, Villaggio del Sole, decisamente più borghese, di una piccola middle class inurbatasi dalle vicine aree rurali, che negli anni Sessanta aveva iniziato a godere di un suo piccolo benessere.
Nel contesto operaio del quartiere di San Domenico probabilmente non a caso si era sviluppata proficuamente e coraggiosamente l’esperienza di don Emilio de Roja, figura ancora ricordata affettuosamente dagli udinesi. Don Emilio operò una vera rivoluzione, chiamando a raccolta gli abitanti di San Domenico e convincendoli a riscattarsi contando sulle proprie forze.
Nel 1946 costituisce il primo gruppo Scout di Udine del dopoguerra e attiva nuove iniziative di socializzazione. Nel biennio successivo nasce la «Scuola di arti e mestieri» per far apprendere ai giovani un lavoro prevalentemente manuale. Nel 1952 nasce la Casa dell’Immacolata, la più grande opera di don Emilio, il sacerdote sempre «dalla parte degli ultimi».
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