Safilo, trattativa in salita: resta lo stop a Martignacco

Sette ore di discussione, ma multinazionale irremovibile sul piano industriale. Modotto (Cgil): puntiamo ai contratti di solidarietà per evitare la chiusura subito
Martignacco 13 dicembre 2019. Scippero Safilo. Foto Petrussi
Martignacco 13 dicembre 2019. Scippero Safilo. Foto Petrussi

UDINE. Fumata nera al tavolo Safilo e brutte notizie confermate per lo stabilimento di Martignacco, dove lavorano 235 persone. Dopo un incontro fiume, iniziato alle 10 del mattino e terminato a pomeriggio inoltrato, vertici aziendali e parti sociali si sono congedati ieri con un nulla di fatto.

Niente di strano trattandosi di un primo incontro. «È normale, ci si annusa», ha commentato di rientro da Padova il segretario regionale di Filctem Cgil, Andrea Modotto, riportando le posizioni dell’una e dell’altra parte. Le stesse di qualche settimana fa, quando il piano industriale approvato dal consiglio di amministrazione del gruppo dell’occhiale ha guastato il Natale dei suoi lavoratori, investiti dalla notizia choc di 700 esuberi, 235 dei quali nello stabilimento di Martignacco, 400 in in quello di Longarone.

Sulla necessità di chiudere il sito friulano e di ridurre drasticamente la forza lavoro ieri l’azienda non ha fatto alcun dietrofront. «I dirigenti al tavolo hanno confermato pari pari il piano già presentato e la necessità di chiudere la fabbrica dell’hinterland udinese, lasciando a casa i suoi 235 dipendenti», ha spiegato Modotto, precisando poi la posizione, altrettanto irremovibile, del sindacato che unitariamente ha chiesto l’attivazione del Contratto di solidarietà, strumento utile a tenere agganciati all’azienda i lavoratori e dar tempo di trovare una soluzione che sia con Safilo o con un potenziale investitore disposto a rilevare lo stabilimento.

«L’azienda non è arretrata d’un passo – ha aggiunto il sindacalista di Cgil –. Dicono che in Friuli non sono in grado di attivare un Contratto di solidarietà perché mancano i volumi produttivi, noi respingiamo la risposta al mittente: nel corso dei prossimi incontri andremo ad analizzare nel dettaglio il piano industriale e a ricercare ogni possibile soluzione alternativa».

Martedì si sono dunque consumate le scaramucce iniziali. Per la battaglia vera e propria bisognerà aspettare. Non molto, per la verità. «Il prossimo incontro è già stato fissato per venerdì, quando torneremo a Padova per discutere con l’azienda della sola situazione di Martignacco», ha fatto sapere dal canto suo Pasquale Lombardo (Femca Cisl), presente a Padova insieme al collega di Filctem, a Nello Cum (Uiltec) e ai delegati Rsu.

Sarà un passaggio ulteriore, si spera dirimente, in vista del successivo dell’approdo al Mise, il prossimo 16 gennaio. «L’azienda ha cercato di farci vedere solo cose positive. Ma di positivo in questo piano non c’è nulla. Si parla esclusivamente di esuberi», ha denunciato ancora Modotto.

Un prezzo altissimo per le maestranze, che in Friuli il piano destina tutte al licenziamento: 235 persone “condannate”, sulla carta, a restare senza lavoro. Per lo più donne, molte monoreddito, spesso da una vita in Safilo. La vertenza rischia d’essere una bomba sociale. I sindacalisti sottolineano l’importanza dei tavoli di confronto con le Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, «propedeutici – si legge nel comunicato diramato unitariamente dalle segreterie generali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec ieri – al fine di rendere disponibili tutti gli strumenti territoriali. In vista dell’incontro al Mise la situazione dovrebbe restare sospesa.

Mercoledì i lavoratori torneranno al lavoro dopo la pausa natalizia. Nessuna lettera di licenziamento dovrebbe essere spedita, non almeno fino al prossimo incontro al ministero dello sviluppo economico. Nell’attesa, lavoratori e parti sociali restano in allerta: lo stato di agitazione ieri è stato confermato, così come il blocco degli straordinari e della flessibilità».


 

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