Sacile, commercio in crisi Regge solo l’alimentare

I dati 2012 parlano di 35 negozi chiusi, in città la contrazione delle vendite si sente “Tirano” i compro oro e i venditori di sigarette elettroniche. Il peso degli affitti

SACILE. Chiamala crisi o recessione: 35 commercianti hanno chiuso bottega nel 2012 a Sacile. Il settore alimentare è meno di un quinto del totale, tanto per dire che mini-market e macellerie reggono l’urto e al pieno del carrello spesa per riempire la dispensa, si rinuncia meno. Hanno alzato la serranda, con ottimismo e in piena crisi dei consumi, 24 vetrine e 7 sono alimentari. I “subingressi”, cioè cambi di titolarità oppure affitto o cessioni, sono stati 11.

Tra i pubblici esercizi, sei hanno tagliato il nastro e c’è stata una chiusura. In tutto, lo shopping liventino fa lo slalom tra 416 punti vendita eterogeni, compresi piccoli operatori e prodotti artigianali. Numeri che l’ufficio comunale del commercio mette in fila e aggiorna nel confronto con l’annata 2011.

Quando erano state censite 20 vetrine a serrande abbassate nell’arco di 12 mesi. L’ufficio commercio del Comune aveva contato altre 22 nuove attività, sempre nel 2011. Più del 50 per cento era la fetta degli shop nella galleria Bennet-I Salici: il centro commerciale vince per due volte il match con le boutique del centro storico. In città si soffre forte, la crisi di vendita.

Le attività di commercio al dettaglio, nel 2011 erano 350: tre delle chiusure totali 2011 sono state nella filiera alimentare. Tra 250 vetrine di altri settori, erano state contate 17 chiusure, con la sofferenza concentrata nell’abbigliamento. E 37 subingressi, cioè la vendita di attività o cessione in affitto, oppure variazione societaria.

A conti fatti, nel 2013 la crisi va avanti anche se ci sono forze nuove che sfidano il periodo nero: i punti-shop di “vendo oro”, massaggi orientali e tira bene la vetrina dell’”e-fumo” con sigarette elettroniche in via Garibaldi. I cartelli delle agenzie immobiliari nelle arterie intorno a piazza del Popolo scandiscono la stasi dello shopping. “Affittasi locale libero”. “Vendesi negozio”. Negozi chiusi in via Fasan e viale Lacchin, ma i segnali ci sono anche in viale Zancanaro. Perché la crisi colpisce le strade regine del passeggio. La prova sono gli annunci delle chiusure (vere e fittizie) con i caratteri cubitali “fuori tutto” a ticket super scontati.

In centro storico i fitti alle stelle (3.000 euro al mese fanno avvitare su se stesse tante avventure che aprono-chiudono in pochi mesi) e l’eclisse dello shopping (leggi crisi dei salari delle famiglie) mettono al palo l’esuberanza del business. Nella centrale corte Casagrande con affaccio in corso Garibaldi, l’ultima serracinesca si è abbassata alla vigilia di Natale 2011. Un deserto.

«La perdita del fatturato 20 o 30% è un dato di fatto e soltanto i più bravi riescono a mantenere questo calo – aveva valutato Nico Tadiotto prima di abbassare la storica serracinesca nel 2012 –. I flussi importanti di clienti aspettano sempre e soltanto i saldi per comprare. Quello che manca alle famiglie è la liquidità».

Le strategie di vendita della serie “prendi 3 e paghi 2”, oppure lo sconto del 30% per infilare in borsa un tris di prodotti è un’altra tattica diffusa. Non è soltanto una questione di parcheggi in centro, che mancano.

Chiara Benotti

©RIPRODUZIONE RISERVATA

LEGGI SUL SITO

E COMMENTA

www.messaggeroveneto.it

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto