Rubò e incendiò un’auto, patteggia

Un anno dieci mesi al giovane scoperto dai documenti persi dopo il furto
ANTEPRIMA UDINE GENNAIO 2002 TRIBUNALE NUOVO TELEFOTO COPYRIGHT FOTO AGENCY ANTEPRIMA
ANTEPRIMA UDINE GENNAIO 2002 TRIBUNALE NUOVO TELEFOTO COPYRIGHT FOTO AGENCY ANTEPRIMA

Era stato trovato in stato confusionale accanto a un’auto in fiamme nei campi di Povoletto e soccorso dai sanitari del 118, in quanto ritenenuto vittima di un incidente stradale. Ma poi alla polizia era bastato poco non soltanto per accorgersi che l’auto, una VW Bora, era intestata a un’altra persona e che poche ore prima era stata rubata da un’autofficina di Udine, ma anche che l’autore del furto e del successivo rogo era proprio quel ragazzo: Davide Amat, oggi 20enne, residente a Manzano.

Per quella notte brava, a cavallo tra il 17 e il 18 settembre 2017, e il lungo elenco di reati che gli erano stati contestati - furto aggravato, danneggiamento seguito da incendio, guida in stato di ebbrezza, porto di oggetto atto a offendere (un coltello a serramanico), tentato furto aggravato e ricettazione -, il giovane ha patteggiato ieri un anno e dieci mesi di reclusione. La pena è stata applicata dal gup del tribunale di Udine, Mariarosa Persico, che ha accolto l’istanza presentata dal difensore, avvocato Luigi Francesco Rossi, con il consenso del pm Marco Panzeri.

Era stato lo zainetto che Amat aveva dimenticato vicino alla finestra forzata per entrare nell’ufficio dell’officina Lu.Ca, in via di Toppo, a permettere agli agenti di attribuire a lui il colpo: dentro c’erano i suoi documenti. Poi, ad aggravare la sua posizione erano stati l’esito dell’alcoltest che aveva rilevato un tasso pari a 1,72 grammi per litro di sangue, e il ritrovamento durante la perquisizione personale di un coltello a serramanico. Le indagini avrebbero poi appurato un ulteriore tentativo di furto al Peperina bar di via Martignacco e il possesso - perchè acquistato o ricevuto - di un navigatore satellitare precedentemente asportato da un’ambulanza.

«Si tratta di un ragazzo con una serie di dipendenze importanti – ha detto l’avvocato Rossi – e un percorso di vita difficilissimo: abbandonato da bambino dalla madre, non è mai stato seguito neppure dal padre, cui è stata revocata la potestà genitoriale. Passato dal carcere minorile, alle comunità, è una persona ad altissimo rischio clinico, totalmente privo di un paracadute sociale. Una volta diventata definitiva la sentenza, chiederemo che sia affidato a una comunità terapeutica».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto