Roberto Scarpinato e quel “Dio fai da te” che porta a un politeismo strisciante

Durissimo e articolato intervento del procuratore generale di Caltanissetta contro i politici che convivono con la malavita e i sacerdoti e prelati che tacciono per non perdere alcuni privilegi
UDINE.
Un’ora abbondante di parole non soltanto vibranti e appassionate, ma anche rette e guidate dal ragionamento e dalla spiritualità di una persona che non si vuole arrendere all’andazzo di questo mondo. E poi un lungo applauso, di alcuni minuti, del pubblico che ha affollato la sala monsignor Luigi Petris del Centro Balducci di Zugliano e che si è alzato in piedi per esprimere ancora più tangibilmente il rispetto per Roberto Scarpinato, procuratore generale della Repubblica di Caltanissetta che ha aperto la sessione pomeridiana del convegno “Spiritualità per umanizzare il mondo”, soffermandosi sul tema “Giustizia e legalità” e legandolo strettamente al rapporto tra giustizia e fede, tra senso della giustizia e Dio, un rapporto che è evidentemente diverso nelle varie persone e che, con le sue contraddizioni è capace di creare potenti corti circuiti che possono mettere a rischio la fede stessa, o almeno la frequentazione religiosa in chi di certi fatti è responsabile e in chi vede l’indifferenza delle autorità davanti a queste contraddizioni.


Scarpinato ha voluto cominciare riferendosi al messaggio evangelico dal quale si evince che l’avvento del Regno dei cieli e l’arrivo della giustizia sono realtà inscindibili perché soltanto in cielo si realizzerà quella giustizia che in terra non è possibile. E, discendendo da questo assunto, appare evidente che non si può far crescere una vera spiritualità se non c’è giustizia, se lo Stato si dimostra forte con i deboli e debole con i forti, se la giustizia non è uguale per tutti e se risente, come accadeva prima della nascita della Repubblica, «della voce del padrone».


E da qui, per restare aderente al tema del congresso, Scarpinato è arrivato a una delle domande fondanti del suo intervento: «Com’è possibile che il Paese che è culla del Cattolicesimo, in cui la Chiesa vaticana vuole incidere anche sulla politica italiana, sia anche uno dei Paesi più violenti e corrotti d’Europa?». E poi ha cominciato la sua disamina dicendo immediatamente che la differenza con gli altri Paesi evoluti è che, mentre «lì la delinquenza è solitamente propria di classi emarginate e culturalmente svantaggiate, qui è inestricabilmente intrecciata con la Storia, quella con la “S” maiuscola, e con il potere, attraverso lo stragismo e l’omicidio politico, la corruzione sistemica, le mafie».


Ha poi proseguito sottolineano come nessun Paese abbia dovuto subire tante stragi e ha ricordato Portella delle Ginestre, piazza Fontana, piazza della Loggia, la stazione di Bologna, il treno Italicus, le stragi mafiose del ’92 e del ’93, oltre a un elenco sterminato di omicidi politici. E tutti vanno riferiti a mandanti potenti: non è un’opinione, infatti, ma un fatto assodato anche dai tribunali che sempre sono stati messi in opera depistaggi per far arrestare la manovalanza mafiosa lasciando tranquilli i veri capi.


Altro punto fondamentale, ha continuato Scarpinato, è che i vertici mafiosi sono costituiti da “colletti bianchi”, spesso insospettabili: proprietari terrieri, medici, avvocati, architetti. E che questi sono strettamente legati a parte della politica, Si è creata così quella “borghesia mafiosa” con la quale hanno dovuto scendere a patti tutti coloro che hanno voluto governare. «Oggi – ha aggiunto Scarpinato – il Parlamento e i Consigli regionali sono affollati di condannati e indagati per mafia. E si capisce che non si riesce a battere la mafia perché è un affare di famiglia del potere. Non sconfiggeremo mai la mafia se continueremo ad arrestare soltanto i bravi di don Rodrigo».


Durissimo anche l’attacco alla corruzione che «è praticata sempre meno di nascosto e sempre più alla luce del sole, sempre più con leggi ad personas e coltivando quei conflitti di interesse che consentono di esercitare il potere per favorire amici e parenti.


E qui è entrato nel cuore del convegno chiedendosi: «Il problema più grave è che la gran parte dei corrotti, stragisti e assassini considerano se stessi buoni cristiani, devoti e praticanti. Ma che rapporto hanno con Dio?». E ha cominciato a rispondersi ricordando che Provenzano cominciava e chiudeva i suoi “pizzini” invocando Dio; che un killer che aveva ammazzato oltre cinquanta persone pregava ogni sera prima di dormire e anche dopo ogni assassinio; che un medico palermitano mafioso si recava regolarmente sulle tombe di coloro che aveva fatto uccidere; che tra i colletti bianchi che ordinano di eliminare ogni ostacolo che si ponga di traverso ai loro affari è consueto dire: «Dio sa che è lui che ha voluto farsi uccidere». E ha anche ricordato come la sentenza di Cassazione per Giulio Andreotti, sette volte presidente del consiglio e ventiquattro volte ministro, abbia assodato che il senatore a vita abbia parlato con i boss mafiosi prima e dopo l’omicidio di Piersanti Mattarella. «E anche Andreotti – ha sottolineato – è considerato un campione del cristianesimo».


«E allora – si è chiesto Scarpinato – com’è possibile che carnefici e vittime preghino lo stesso Dio e siano in pace con se stessi?» E ha cominciato a darsi una risposta ricordando che il mondo è pieno di assassini ancor più ferioci che muoiono nel loro letto confortati e benedetti da prelati e preti. «Pensate al cileno Pinochet o ai generali argentini che hanno fatto precipitare dagli aerei in volo migliaia di giovani perché non accettavano la loro dittatura. E pensate che un prelato argentino disse loro di narcotizzare prima le vittime perché non era cristiano farle precipitare da sveglie. O pensate anche alle tante giunte militari sudamericane rette da borghesie, tutte cattoliche, che non hanno esitato a praticare uccisioni di massa pur di difendere i propri privilegi. La stessa cosa è accaduta il Italia con il fascismo che non fu, come disse Croce, “Un impazzimento degli italiani”, ma, come affermò Gobetti, “Un’autobiografia della nazione”; senza dimenticare che il papa definì Benito Mussolini “Un uomo della provvidenza” dopo che le squadracce fasciste avevano massacrato l’antifascista don Minzoni. E il popolo assistette con vigile indifferenza, o con plauso, a ferocie terribili».


La risposta che ne deriva, secondo Scarpinato, è evidente, anche se a prima vista non ci appare: «Vittime e carnefici – dice – non pregano un Dio diverso, e la ragione di questo miracolo delle “moltiplicazione di Dio” sta nel fatto che il rapporto tra il credente e il Creatore non è diretto, ma passa attraverso dei mediatori religiosi che sono diversissimi tra loro: in America Latina hanno vissuto sia i prelati amici di Videla, sia monsignor Romero; in Sicilia sia don Puglisi ucciso dalla mafia, sia i sacerdoti che vanno a dire messa nelle cappelle private dei nascondigli dei boss mafiosi. E poi ci sono i preti della palude, quelli che definisco i “burocrati della fede”. Quindi ci troviamo di fronte a un segreto e occulto politeismo in cui ognuno può scegliersi il proprio Dio e che credo sia ben conosciuto dalle gerarchie ecclesiastiche che, dal canto loro evitano di scegliere e, se proprio sono obbligati a farlo, raramente lo fanno in favore dei più poveri, deboli e diseredati. Troppe volte ho visto preti che frequentano la borghesia mafiosa, che riducono Dio al guardiano dei comportamenti da tenere in camera da letto. Ci troviamo di fronte, insomma, a un relativismo etico che è più della Chiesa che della società democratica nella quale, invece, relativismo significa rispetto delle idee altrui. E questo porta con sé il rischio di una scristianizzazione strisciante».


E Scarpinato ha poi concluso: «Sono convinto che Gesù sia stato ucciso perché poneva le basi per un’uguaglianza e una democratizzazione che stava minando l’ordine esistente. E da allora l’alleanza tra Cesare e Caifa è stata una costante della storia, mentre bisognerebbe riprendere il nostro cammino proprio dall’uccisione fisica e culturale di Gesù, spezzando il rapporto tra religione e potere e dichiarando esplicitamente l’immoralità della non scelta. In Brasile un vescovo fece scrivere su tutte le chiese: “Il mondo si divide tra oppressori e oppressi. Tu, cristiano che stai per entrare, da che parte stai?».

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