Rivive il “Centino” l’aperitivo ideato da Bruno Redivo

PORDENONE. Sul lungo bancone del Caffè Municipio torna ad allinearsi il "Centino", nel rispetto della vecchia tradizione pordenonese: vermouth, vino bianco con un po' di amaro, un cubetto di ghiaccio, una scorzetta di arancia e una spruzzatina di seltz. Et voilà, servito.
Oggi sembrerebbe una miscela senza particolari pretese, ma nei tempi passati rappresentava un'autentica novità. La sua ricomparsa riaccende la nostalgia per Bruno Redivo, il suo inventore. «Ero stanco di mettere in fila degli umili bicchieri di vino, tutti i santi giorni.
Ed ecco l'idea: non avevo passato tutta una vita a correggere caffè? E così - confidò al professor Italo Corai, autore del libro a lui dedicato - feci altrettanto con il vino, dandogli un aspetto più invitante». Fu il successo di metà Anni 50.
Il nome fu presto trovato: "Trentino", perché costava 30 lire, il prezzo corrispondente a un'ombra di vino o a una tazzina di caffè. Ma l'importo seguiva l'andamento della "scala mobile" e così anche l'aperitivo era soggetto al cambio del nome.
Sembrava dovesse fermarsi al "Cinquantino", che tra l'altro suonava bene, invece le correzioni andavano all'insù. Arrivò il "Centino" e si fermò lì come vera e propria denominazione "doc". La novità introdusse la moda dell'aperitivo a Pordenone, che incrociava i gusti di una larga clientela: univa le classi sociali e abbatteva le differenze d'età.
Ora si recupera una vecchia tradizione, perché Renato Vendrame, nipote di Bruno Redivo, lo riproporrà nello stesso locale storico, giusto sessant’anni dopo la sua prima comparsa.
A quei tempi non c'era bisogno di presentazioni ufficiali, bastava Bruno Redivo a lanciare prodotto e marchio. Tutto l'ambiente era caratterizzato dalla sua affabile presenza.
E' indimenticabile la sua fragorosa risata che accoglieva i clienti, dei quali ricordava la composizione anagrafica sino alla quarta generazione: di loro conosceva ogni segreto. Li aveva coccolati fin dal suo arrivo dietro al bancone, subito dopo la guerra. Il padre Rino (Generino all'anagrafe) aveva rilevato la licenza del bar, all'inizio degli Anni 30, che fu ribattezzato popolarmente il "Caffè dei Redivo".
Vi lavorarono lui e la figlia Ettorina. Più tardi, entrò a pieno regime anche il figlio Bruno, alla conclusione di un po' di studi, quelli necessari a intrattenere la clientela e a cavarsela nel "far di conto".
Bruno Redivo era diventato talmente rapido che al momento della riscossione del dovuto aveva già pronte tutte le combinazioni per il resto, in base alla banconota che spuntava dalla tasca del cliente. Capì subito che la sua palestra era la vita concreta, in particolare le relazioni personali.
Non riusciva a stare mai fermo. Era sempre in movimento: macinava migliaia di passi al giorno, molto spediti, tra il bancone e i tavolini, parlando sempre, anche quando faceva consegne all'esterno, negli uffici municipali e nei negozi vicini.
Si narra che un pomeriggio, non ancora risvegliatosi a pieno dalla pennichella, andò a sbattere contro una colonna dei portici di corso Vittorio Emanuele, davanti al negozio di biciclette di Cevolin. Istintivamente, con il canovaccio alla mano, pronto per smacchiare, si lasciò sfuggire un «me scusi signora, no' l'avevo vista».
Seguì una "sbaccanata" più fragorosa del solito, udita nei piani alti del palazzo comunale: «Xe el solito Bruno». I suoi rapporti lo portarono a diventare una fonte inesauribile di notizie: ne dava e ne riceveva. In pratica, contava più di una redazione di un giornale.
Sapeva tutto e intratteneva con grande capacità di coinvolgente affabulazione, senza perdere di vista il frenetico movimento all'interno del Caffè Municipio. Riusciva a prendere le prenotazioni prima che i clienti si fossero seduti e, spesso, li anticipava nelle scelte perché ricordava gusti e abitudini.
Nei pomeriggi domenicali, era insuperabile. Al termine degli eventi sportivi rispondeva al telefono con movimenti velocissimi, seppur indaffarato nell'attività: scandiva il risultato finale delle partite del Pordenone. E riattaccava.
Nei prossimi giorni, la memoria di Bruno Redivo rivivrà grazie al suo "Centino" che, appositamente imbottigliato, entrerà nel novero delle denominazioni di origine controllata.
E, nell'occasione, saranno gli storici clienti ad attestarne la qualità. Se pronunceranno la fatidica frase «Xe quel de 'na volta», Pordenone riavrà il suo aperitivo. Ovviamente grazie a Bruno Redivo.
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