Rissa con accetta al night, 4 anni e mezzo

Buttrio, condannato l’albanese accusato di avere colpito un cliente. Il reato riqualificato da tentato omicidio in lesioni
Buttrio 31 marzo 2012.Locale CONTE DI MONTECRISTO..Telefoto Copyright Foto PFP / Ferraro Simone
Buttrio 31 marzo 2012.Locale CONTE DI MONTECRISTO..Telefoto Copyright Foto PFP / Ferraro Simone

BUTTRIO. Nella rissa scoppiata al night “Conte di Montecristo” nella notte tra il 30 marzo e il 1° aprile del 2012, Adriatik Kalemaj, il 22enne albanese di Udine accusato di avere sferrato due colpi di accetta all’altezza della testa di uno degli avventori del locale, non cercò di ucciderlo. Il reato di cui si macchiò, cioè, non fu quello di tentato omicidio.

È la conclusione alla quale è giunto il gup del tribunale di Udine, Francesco Florit, al termine del processo celebrato a suo carico con rito abbreviato. Riqualificata l’imputazione in quella più lieve delle lesioni, aggravate dall’uso dell’arma e dai futili motivi, e considerate la contestata recidiva e la riduzione di un terzo della pena per la scelta del rito, il giudice ha quindi condannato l’imputato a 4 anni e 6 mesi di reclusione. Esattamente la metà di quanto - 9 anni secchi - aveva chiesto il pm Lucia Terzariol, chiudendo la requisitoria. Il difensore, avvocato Guido Galletti, del foro di Treviso, ha già annunciato appello.

Invariata, invece, l’accusa per gli altri tre imputati, che avevano rinunciato a riti alternativi e per i quali il gup, all’esito dell’udienza preliminare, ha disposto il rinvio a giudizio davanti al tribunale collegiale. Nel processo, al via da luglio, Arton Thaqui, 27 anni, originario dell’ex Jugoslavia e residente a Basaldella, Petra Hermankova, 23, della Repubblica Ceca e residente a Udine, e Sotir Progri, 28, albanese residente a Udine, saranno chiamati a rispondere di concorso in tentato omicidio, oltre che di lesioni personali e, così come lo stesso Kalemaj, anche di danneggiamento degli arredi e delle suppellettili del night club. Al solo Thaqui si contestano anche le lesioni procurate ad altri due clienti con altrettante bottigliate alla testa.

L’aggressione era scaturita dalle attenzioni che un cliente italiano aveva rivolto alla Hermankova. Questa, almeno, era stata la versione fornita dal gruppetto di stranieri quando, nove mesi dopo il parapiglia, erano stati identificati dai carabinieri di Manzano. Per Kalemaj, accusato insieme alla donna di concorso in porto fuori dall’abitazione di un’accetta del tipo “massanc” lunga 33 centimetri e con una lama di 19, il pm aveva chiesto e ottenuto dal gip l’emissione della misura cautelare in carcere. A finire sotto i suoi colpi era stato un cliente di 29 anni, che gli si era avvcinato per soccorrere un altro avventore, a sua volta aggredito a suon di colpi di bottiglia e con un pugno in faccia. Erano all’incirca le 5 e tutti e quattro erano riusciti a dileguarsi prima dell’arrivo della Radiomobile di Palmanova.

Per l’avvocato Galletti, comunque, il caso non è affatto chiuso e la strada dell’Appello è praticamente scontata. «Finora - ha commentato il difensore di Kalemaj -, niente e nessuno hanno permesso di accertare che a colpire il giovane con l’accetta, in quel coacervo di persone, sia stato proprio lui. Dubbi erano stati sollevati già dal Riesame, che non a caso aveva annullato l’ordinanza per il tentato omicidio e aveva anche modificato la misura per le lesioni in quella meno afflittiva degli arresti domiciliari. Ora, anche la deposizione del cameriere disposta dal gup come supplemento istruttorio ha rafforzato quel dubbio: alle due diverse versioni rese già in fase di indagini preliminari, individuando dapprima in Kalemaj colui che sicuramente colpì e ritrattando poi perchè non ricordava più il momento della rissa, nel processo ne ha aggiunta una terza ancora più confusa e contraddittoria».

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