Risiedevano a sbafo nei caselli ferroviari La polfer li sgombera, denunciati in 19

Intere famiglie o solitari senza un tetto occupavano abusivamente sette immobili di proprietà delle Ferrovie dello Stato (e delle società collegate) situati lungo tre linee in provincia di Pordenone (Mestre-Udine, Sacile-Gemona e sulla tratta dismessa Casarsa-Pinzano). In totale gli inquilini abusivi erano riusciti a ricavare negli edifici – in prevalenza ex caselli ferroviari abbandonati e in disuso, undici alloggi.
Dopo due anni di articolate indagini, coordinate dalla Procura di Pordenone, la polizia ferroviaria ha chiuso il cerchio. Sono diciannove le denunce per invasione di edifici. Gli immobili sono stati restituiti alle ferrovie. Porte e finestre sono state murate per impedire bivacchi temporanei o diuturne permanenze. In taluni casi, infatti, la Polfer ha provveduto anche alla segnalazione ai fornitori di energia elettrica, per l’attivazione delle procedure di competenza, perché gli inquilini abusivi si disponevano di utenze, assicurandosi così la corrente in casa.
Gli investigatori della polizia ferroviaria hanno scoperto poi che era ormai invalsa la consuetudine del passaggio di chiavi: nel caso in cui l’occupante originario avesse trovato una sistemazione regolare, consegnava le chiavi a un nuovo inquilino. Per interrompere la tradizione consolidata in passato, le società proprietarie degli immobili hanno provveduto a chiudere tutti gli accessi agli edifici non appena sono stati liberati dagli occupanti. Durante gli sgomberi non ci sono mai stati problemi di ordine pubblico. Ulteriori occupazioni sono state scongiurate grazie alla vigilanza assicurata dalle pattuglie della polizia ferroviaria di Pordenone.
I prodromi dell’indagine risalgono all’estate di tre anni fa. Tutto è partito da un censimento di Reti ferroviarie italiane, società controllata da Ferrovie dello Stato, sugli immobili di proprietà. All’epoca gli inquirenti avevano scoperto che due ex caselli ferroviari erano stati occupati senza autorizzazione, uno a Toppo di Travesio (dove abitava una famiglia con figli minori, alla quale il Comune ha trovato un alloggio alternativo) e l’altro al confine fra Pordenone e Cordenons. Per l’occupazione abusiva di quest’ultimo edificio l’imam Ahmed Erraji aveva confermato proprio al Messaggero Veneto di essere stato denunciato. Aveva spiegato di non potersi permettere economicamente un’altra sistemazione per la propria famiglia e di aver ricevuto le chiavi del casello dismesso dal precedente imam che aveva ottenuto una casa popolare. Erraji aveva anche spiegato di pagare regolarmente le bollette e di aver proposto un canone di affitto a Rfi (rifiutato dalla società). Nel suo casello abitavano, nel 2016, altre tre famiglie indigenti. —
I.P.
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