Rino Cozzarin, custode del “folpo” «Ma adesso rischia di scomparire»

È il principale esperto di “folpo”, il dialetto friulano di Cordenons, e per diventarlo ha fatto tutto da autodidatta. Andato in pensione dalla Zanussi, quasi trent’anni fa, ha cominciato a studiare dialettologia e a recuperare parole ed espressioni locali, finendo per dare “dignità” alla parlata cordenonese, codificandone le regole linguistiche.
Rino Cozzarin, 78 anni, è diventato così il “papà” del folpo, colui che lo ha codificato per primo in quelli che, al momento, sono gli unici strumenti di studio e comprensione di questo dialetto di origini contadine. Si tratta del “Vocabolariu par Cordenons”, un volume di 600 pagine per 15 mila lemmi, che Cozzarin ha pubblicato nel 2005 e della “Gramatica par Cordenons” uscita nel 2017 per il Gruppo Cordenonese del Ciavedal, di cui Cozzarin è consigliere. Grazie a lui, il “folpo” è oggi l’unica variante del friulano ad avere delle regole scritte ed è curioso come nel 1509 sia stato un cordenonese, Gianfrancesco Fortunio, a scrivere le prime regole della grammatica italiana e dopo mezzo secolo si debba ad un altro cordenonese il merito di avere fatto la stessa cosa con la grammatica del “folpo”.
Il vocabolario assieme alla grammatica è diventato il testo base dei corsi di “folpo” che Cozzarin tiene da dieci anni (un centinaio i partecipanti) e delle “Pirulis de folpo” (pillole di folpo), le mini video lezioni fatte girare sui social che lo studioso realizza assieme ad Aldo Polesel. Tra il 2005 e il 2017, Cozzarin ha scritto anche “Par no dismintias”, raccolta di proverbi in folpo, il “Pissul vocabolariu”, compendio del volume maggiore e “La storia de Cordenons a fumùs”, racconto a fumetti scritto a quattro mani con Raffaele Cadamuro, per lo più editi dal Ciavedal.
Nel cassetto Cozzarin ha ora “L’arcan mito de li furlani”, un saggio critico sulle origini del friulano, mentre sta lavorando ad un contributo per il prossimo numero della rivista “Ciavedal” dedicato ai 50 anni dell’allunaggio, in cui riporterà termini e modi di dire in folpo che si richiamano alla luna. Il suo è un lavoro di costante ricerca frutto di una profonda affezione per quello che è il dialetto della sua infanzia. «La mia famiglia – racconta il 78enne – è cordenonese dal 1714. Io ho imparato il folpo da bambino da mia nonna paterna Augusta e l’ho praticato, come tutti all’epoca, in famiglia. Oggi non è più così». Cozzarin è uno tra gli ultimi testimoni di una parlata che fino al secondo Dopoguerra era usata dal 99 per cento dei cordenonesi. Dopo dieci anni lo parlava il 50 per cento; oggi su 18 mila abitanti forse 2 mila 500, perlopiù dai 60 anni in su. «Il folpo è un dialetto misterioso ed antico – osserva Cozzarin – che si ritiene si sia formato con le lingue romanze, ma che secondo me ha qualche anno di più».
Testimoniarlo ed immortalarne parole e regole per Cozzarin e per il Ciavedal serve a preservarne l’identità, mentre di generazione in generazione il suo uso sta diventando sempre più raro. —
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