Rifugio Corsi da restaurare, ma il Cai non ha le risorse

La Società alpina delle Giulie chiede aiuto a enti e privati per rimetterlo a posto. Presto un concorso di idee rivolto agli architetti per realizzare un progetto

TARVISIO.«Vogliamo dare nuova vita alrifugio Guido Corsi». È un appello accorato alla politica, alle amministrazioni e anche ai privati quello che proviene dalla Società Alpina delle Giulie (Sag) di Trieste, proprietaria di uno dei rifugi alpini più belli e antichi della nostra regione.

Bello perché situato alle pendici di uno dei massicci più importanti e poderosi delle Alpi Giulie, il Jôf Fuart. Bello perché adagiato in una conca panoramica al culmine dell’Alta val Rio del Lago che apre lo sguardo sui versanti settentrionali del Monte Canin. Bello perché alto, vista la quota di 1850 metri in cui è adagiato. Utile punto di partenza e appoggio per itinerari su roccia ancora ben frequentati dagli alpinisti oltre che per traversate e anelli per escursionisti. Inoltre molto amato da sloveni e austriaci oltre che dagli italiani.

Il rifugio, che è stato gestito fino al 2018 da Cristiano Marcucci, ha 94 anni di vita e richiede un importante lavoro di ristrutturazione e ripristino, che comporterà, inclusa la fase di progettazione e reperimento fondi, tre o quattro anni di chiusura. Il manufatto, che ha settanta posti letto, presenta carenze strutturali e funzionali: abbisogna di rinforzi antisismici ai piani ed al sottotetto, sostituzione di pareti portanti in legno con altre in muratura, revisione di travi portanti di solai e tetto danneggiate dagli eventi atmosferici del 2013 e dalla tromba d’aria del dicembre 2017.

Presenta inoltre gravi carenze nei servizi igienici e negli spazi a disposizione di cucina e sale di ristorazione e nel ricovero invernale.

Un’impresa titanica, cui una sezione del Cai, non può far fronte da sola. «Consapevole dell’importanza sociale della struttura nel tessuto economico di Regione, Tarvisiano e Val Canale, la Società Alpina delle Giulie chiede aiuto ad istituzioni, enti, fondazioni, privati e a tutti coloro che vorranno mettersi al suo fianco per far ritornare operativo il rifugio Guido Corsi e restituirlo quindi rinnovato e moderno alla collettività».

I rifugi sono imprescindibili presidi per il turismo in quota, specialmente in tempi come i nostri, dove la domanda di spazi naturali per rigenerarsi dallo smog e dal sovraffollamento cittadino è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi vent’anni. Un appello legittimo che crea un legame storico con il passato, quando era grazie alla collettività che i rifugi nascevano, aprendo sottoscrizioni rivolte a tutti.

La Sag lancerà a breve un concorso di idee rivolto ad architetti «di provata esperienza nell’ambito di realizzazioni in alta quota», avendo raccolto a fine gennaio già una quarantina di manifestazioni d’interesse, delle quali ne verranno selezionate una decina: «Nella progettazione si dovranno mettere in considerazione il breve periodo estivo in cui è consentita l’operabilità, l’estrema variabilità delle condizioni climatiche e l’obiettiva complicata accessibilità del sito, raggiungibile nell’ultimo tratto solamente a piedi o con elitrasporto.

Si dovrà inoltre valutare l’opportunità o meno di mantenere per intero la struttura esistente, limitando in tal modo costose demolizioni con relativo trasporto a valle dei materiali di risulta e verificare la consistenza fondazionale, oggi non nota, del sedime». Ci auguriamo che la politica, a livello regionale e locale, sia sensibile a questo appello, nell’interesse di tutti, affinché il rifugio riapra il prima possibile.

 

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