Ricerche clandestine con “spillone” e georadar

Ecco come si muovono, tra campagne e aree vincolate, i cacciatori di antichità

Sono ben informati sulle aree in cui ci potrebbero essere reperti archeologici. Spesso, per trovarne qualcuno, non esitano a entrare in terreni sottoposti a vincolo, ma per farlo aspettano il buio. Cercano di muoversi senza dare troppo nell’occhio e portano con sé gli “attrezzi del mestiere” come il metal-detector, tubi metallici con impugnature (chiamati “spilloni” e usati per sondare il terreno) e persino geordar (apparecchiature che consentono di analizzare il sottosuolo grazie alle onde elettromagnetiche). Sono i collezionisti di antichità che, oggi come oggi, hanno vita dura, visto che la legge italiana vieta sia di ricercare oggetti di interesse storico-culturale, sia di detenerli a casa. E tutti i reperti archeologici che provengono dal sottosuolo appartengono allo Stato.

La tecnica di ricerca più rudimentale utilizzata dai “cacciatori” di oggetti antichi è, come accennato, quella dello spillone: è un tubo di metallo simile a quelli utilizzati per fortificare il cemento armato e viene provvisto di un’impugnatura. Viene conficcato nel terreno e spinto in profondità nella speranza che finisca, per esempio, contro una lastra tombale o qualcos’altro. Il metal-detector, invece, può restituire, appunto, oggetti metallici come le monete, i gioielli. Il georadar, infine, è un’apparecchiatura costosa e sofisticata e può essere utilizzata solo da esperti.

Entro qualche mese anche in provincia di Udine saranno attive le “forze speciali” che si occupano della salvaguardia dei beni artistici e archeologici: i carabinieri del Reparto tutela patrimonio culturale. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto