Riapre “Al Campanile” che occuperà parte dell’isola pedonale

Aviano
Dopo il lockdown, riapre oggi l’osteria, pub e pizzeria Al Campanile in piazza Duomo, occupando parte dell’isola pedonale, dove i frequentatori del locale potranno sedersi per consumare cibi e bevande. «Per ora – sostengono i titolari – puntiamo sul fine settimana, dal giovedì alla domenica. Apriamo di pomeriggio sino a tarda sera». La nuova stagione del locale animerà nuovamente piazza Duomo con la sua isola pedonale, istituita nel 2004 dal sindaco Gianluigi Rellini.
La quiete del posto e lo stile del servizio ben si addicono a un racconto particolare, con tanto di delitto, sulla storia di palazzo Cristofori che ospita il locale. Storia d’altri tempi, quando piazze e vie di Aviano non sopportavano alcun tipo di traffico. Il crimine risale a quando il palazzo apparteneva al pretore Dall’Oglio, che aveva affittato il pianterreno all’Esattoria delle imposte. Il capo esattore Steffinlongo lavorava con l’impiegato Arturo Penzi che abitava in una casa dietro il palazzo, in località Stradatte. Penzi all’epoca aveva 27 anni ed era reduce dall’Abissinia. Rimpatriato dopo la disfatta italiana di Adua, in poco tempo si trovò in difficoltà finanziarie che ritenne di risolvere assassinando l’esattore Steffinlongo per impadronirsi della cassa dell’esattoria. Armato di mannaia, Penzi realizzò il delitto assestando a Steffinlongo, chino sulle carte dell’esattoria, due fendenti al capo e uno al collo. Il processo si svolse in corte d’assise a Udine nel giugno 1898.
Due diari avianesi (“Io ancora vivo” dell’avvocato Egidio Zoratti e quello inedito dell’agrimensore Pietro Piazza) dedicano alcune pagine al delitto Penzi. Piazza lo fa risalire al 1896. Zoratti lo data attorno al 1895. Il processo di cui si occupò la stampa dell’epoca, in particolare “Il Friuli”, data al 19 dicembre 1897 l’efferato delitto. Per il suo crimine Arturo Penzi fu condannato a trent’anni di reclusione durante i quali morì in carcere. Il diario di Piazza sintetizza che quel delitto «travolse altri membri della famiglia Penzi. Suo complice, il fratello Giobatta venne condannato a quattro anni di prigione, finendo in miseria. E pagò l’ostracismo della comunità soprattutto una rispettabile innocente ragazza che si era fidanzata con l’assassino». —
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