Restaurata a sorpresa la chiesetta di Sant’Anna

Le puerpere vi pregavano la Madonna affinché il parto andasse bene, il parroco celebrava la messa per gli abitanti di Vallenoncello, i vip la “utilizzavano” come quinta dei pic nic domenicali in campagna. Negli anni Sessanta il Comune mise in vendita villa, chiesa e campi di via Segaluzza: sorse una zona industriale, in quella zona, ma nessuno ebbe il coraggio di abbattere l’edificio di culto, peraltro mai sconsacrato, costruito nel Settecento e dedicato a Sant’Anna.
La parrocchia di Vallenoncello aveva tentato in tutte le maniere di tornarne in possesso, invano. In mezzo, infatti, c’era una complicata procedura fallimentare: la chiesa era gravata da ipoteche in mano a diversi istituti bancari.
Appello dopo appello (in particolare di cittadini custodi della memoria storica di Vallenoncello) il colpo di scena. A sorpresa, Intesa Sanpaolo Group Services – Direzione centrale degli immobili – ha finanziato l’operazione di messa in sicurezza e recupero. I lavori, affidati alla Costruzioni Rusalen srl di Meduna di Livenza, sono cominciati il 12 settembre e termineranno entro novembre. Un intervento da 230 mila euro per «opere di urbanizzazione, ristrutturazione e viarie». Prevede l’intubamento del fossato, creando in questo modo una sorta di “piccolo sagrato”, e la sistemazione del giardino. Quindi, la realizzazione della copertura (era crollata), la messa in sicurezza delle pareti, la sistemazione degli intonaci e la pulizia della facciata.
Per gli abitanti di Vallenoncello è una bella notizia. Sono pochi i documenti che attestano la storia della chiesetta e sono stati raccolti nel libro di Maria Luisa Gaspardo Agosti “Pordenone, affreschi devozionali in città e dintorni”. Costituiva «una visita quasi obbligata per le donne in attesa di un bimbo»: don Carlo Fabris vi celebrava spesso messa, sino agli anni Settanta. La chiesa, annessa alla villa dei Segatto, risale al 1700 ed era di proprietà della famiglia Poletti; nel 1894 venne acquistata da Luigi Perin. Dopo il 1943, con i bombardamenti sulla città divenne luogo di rifugio; nel 1946 venne restaurata. Custodiva un altare in marmo, un’acquasantiera del Pilacorte, una Via Crucis alle pareti, candelabri, dipinti e una stola ricamata in fili d’oro ricavati dall’abito di una nobildonna locale. Negli anni Sessanta venne edificata la zona industriale e la chiesetta rientrò nel disegno di riconversione. «O ce la date o l’espropriamo», dissero dal Comune nel 1962. Così fu: l’adiacente villa fu adibita a magazzino, la chiesa rimase chiusa.
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