Resta inviolato il mistero del Gorgazzo

Lo speleonauta Casati si è spinto fino a -75 metri, ma la corrente era troppo forte. Imbattuto il record di -212 del 2008

POLCENIGO. Il mistero del Gorgazzo è ancora custodito nelle sue profondità più recondite. Per lo speleonauta Gigi Casati è ormai una sfida. Con la natura, ma anche con se stesso, visto che il celebre atleta detiene dal 2008 il record, finora imbattuto, di immersione nella grotta: -212 metri.

Un luogo che affascina per l’aura di mistero e inquieta per i trascorsi. Nel gorgo sono state risucchiate nove vite di altrettanti atleti che si erano avventurati negli anfratti subacquei per scioglierne il mistero e svelarne la topografia. Nessuno, però ha precisa contezza del dedalo di cunicoli naturaliche si ramificano dalla grotta.

Casati, classe 1964, è ritornato alle sorgenti di Polcenigo nei giorni scorsi. Per immergersi nuovamente nell’abisso fluviale, che ormai gli è divenuto familiare. «Anche se è trascorso – annota nel suo diario di viaggio on line il subacqueo da oltre mille like su Facebook – qualche anno da quanto ho fatto la mia punta, questa sorgente la percepisco come se fosse casa mia e riconosco tutti i dettagli». La spedizione, alla quale partecipano anche gli amici del Centro pordenonese sommozzatori, però, non va in porto: mancano le condizioni ottimali. Il livello dell’acqua scende solamente di pochi centimetri, anziché di almeno altri venti centimetri come auspicato. E la corrente, nella grotta, è ostile e impetuosa fra i 70 e 90 metri di profondità, «molto più sostenuta di quanto immaginassi», alimentata, com’era nei giorni della spedizione, dallo scioglimento della neve sull’altopiano.

Caparbio, Casati scende ugualmente lungo la galleria inclinata che precipita fino a -85 metri, fermato dalla corrente solo a una decina di metri dalla fine. «Quando sono a -75 metri – racconta l’atleta nel suo diario di bordo sul sito www.prometeoricerche.eu)– rifletto sull’eventualità sia di non continuare, sia di non lasciare la bombola giù, perché, se la corrente dovesse aumentare, diventerebbe impossibile recuperarla. Così me la prendo e mi giro per tornare. Una bella boccata d’acqua mi riempie la gola e mi mette in crisi, perciò mi metto l’erogatore vicino pronto all’uso. Il controllo della respirazione, mentre gestisco i fiotti d’acqua che mi entrano in bocca, mi impegna fino all’uscita, così non recupero le altre bombole».

Nella vasca Casati si imbatte nei suoi compagni di spedizione. Prima di affiorare si sofferma, catturato dalla magia della fonte, a guardare lo specchio d’acqua alla rovescia, «dove si riflettono le luci e le ombre incrociate del cielo e delle piante». Un istante di pura poesia, in cui farsi cullare, dopo essersi lasciato alle spalle le acque buie e vorticanti del fondo. L’indomani la comitiva di sub decide di togliere tutte le bombole dalla sorgente, lasciando solamente la campana. Un pegno per ritornare, non un commiato definitivo. Perché la sfida è semplicemente rimandata, non perduta.

«Ritorneremo – ci rivela Casati – questa estate, se non sarà troppo piovosa, oppure l’inverno prossimo, se farà freddo. Quest’anno non c’erano le condizioni, era troppo pericoloso. In falda la corrente non è mai diminuita». Che cos’è che lo affascina del Gorgazzo?

«Fa parte – risponde lo speleonauta – della voglia di chi fa questo tipo di attività, di vedere cosa c’è sempre un po’ più in là. Una motivazione paragonabile a quella che muoveva gli esploratori dei secoli passati, che solcavano i mari, spinti dalla loro curiosità».

Prima di spostarsi verso altri lidi, Casati, che può vantare nel suo vasto curriculum vitae oltre duemila immersioni in grotta, delle quali ben settanta immersioni oltre i -140 metri di profondità, ha partecipato a un incontro con gli studenti delle scuole medie di Polcenigo.

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