Regeni, la Cassazione: anche se è un crimine efferato vanno garantite le regole del giusto processo
Le motivazioni sulla sentenza con cui il 15 luglio era stato respinto il ricorso contro la sospensione del procedimento sulla morte del ricercatore friulano

ROMA. «Il perseguimento delle condotte criminose, anche se efferate e ignominiose quali quelle oggetto di imputazione» in uno Stato di diritto deve passare «attraverso il rispetto delle regole del giusto processo» nel pieno ed effettivo contraddittorio tra le parti.
Con queste parole la Corte di Cassazione ha motivato la sentenza con cui il 15 luglio aveva respinto il ricorso della Procura di Roma contro la decisione del gup che aveva disposto la sospensione del procedimento sulla morte del ricercatore friulano Giulio Regeni, disponendo nuove ricerche degli imputati a cui notificare gli atti.
È immune da «vizi logici e giuridici», scrive la prima sezione Penale Corte Suprema, la valutazione secondo la quale «le qualifiche soggettive degli impuntati all'interno delle forze di polizia o degli apparati di sicurezza egiziani, la partecipazione di alcuni di essi al team egiziano incaricato di collaborare con gli inquirenti italiani nel caso Regeni, il fatto che alcuni di loro siano stati in quella sede sentiti quali persone informate dei fatti circa le indagini svolte in Egitto, e la rilevanza mediatica, anche internazionale, del processo italiano, non sono concludenti al fine di ritenere raggiunta la certezza della conoscenza da parte degli imputati del processo a loro carico».
La Cassazione, scrivono i giudici, non trascura il diritto dei genitori di Giulio, Paola Deffendi e Claudio Regeni, all'accertamento dei fatti. Ma, sottolineano, la giustizia italiana è tenuta «ad applicare senza strappi il tessuto normativo, garantista e rispettoso dei diritti di tutte le parti processuali».
Il superamento della situazione che impedisce la partecipazione degli imputati al processo - si legge nelle motivazioni - «appartiene alle competenti autorità di governo, anche alla luce degli obblighi di assistenza e cooperazione» che discendono dalle Convenzioni internazionali.
La sentenza della Prima sezione penale cita la Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o punizione crudeli, inumani o degradanti di New York, ratificata con legge dall'Italia nel 1988 e dall'Egitto nel 1986.
Lo scorso 15 luglio, la Cassazione ha definito inammissibile il ricorso della Procura di Roma contro la decisione del gup che l'aprile precedente dispose, così come fatto prima ancora dalla Corte d'Assise, la sospensione del procedimento nei confronti dei quattro 007 egiziani accusati di avere sequestrato, torturato e ucciso Giulio Regeni nel febbraio del 2016. I pm di piazzale Clodio chiedevano di di uscire dalla «stasi processuale» che portò il processo ad uno brusco stop.
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