«Ravedis ha salvato la pianura pordenonese e con la diga di Redona la città sarebbe protetta»

IL FUTURO
enri lisetto
C’è qualcosa, dal punto di vista strutturale, che si può ancora fare per evitare la situazione di questi giorni o dovremo abituarci a subirla periodicamente? La soluzione sta nel mezzo.
La diga di Ravedis ha risolto una gran mole di problemi a valle, quanto ad allagamenti e piene generate dal Cellina. Perché l’infrastruttura, dal Consorzio di bonifica Cellina Meduna e in caso di maltempo in accordo con la protezione civile regionale, svolge una funzione preminente di laminazione e solo in parte per l’agricoltura.
Diversa è la questione delle tre infrastrutture in Val Tramontina che regolano i flussi d’acqua del Meduna. Sono gestite da Edison (così come la diga di Barcis) con contratto di concessione. Non svolgono una funzione di laminazione delle piene bensì di produzione di energia elettrica e irrigua. Gli invasi di Redona, Ponte Racli e Cà Zul, spiegano dalla protezione civile, di norma vengono svuotati tra settembre e gennaio. Se si riempiono a causa delle condizioni meteo, sfiorano (ovvero l’acqua tracima) e non possono essere svuotati velocemente come quello di Ravedis. Insomma, per poter svolgere la funzione di laminazione, dovrebbero essere dotati di scarichi di fondo più ampi degli attuali.
La questione è all’ordine del giorno della “commissione De Marchi” da decenni. «Questi interventi metterebbero in sicurezza definitivamente Pordenone», dice Cristina Amirante, assessore all’urbanistica e ingegnere. Ma chi si accolla la spesa?
Per il vicepresidente della Regione Riccardo Riccardi, che ieri mattina ha eseguito un sopralluogo in elicottero nelle zone alluvionate con il direttore regionale della protezione civile Amedeo Aristei, il corretto funzionamento della diga di Ravedis è stato di fondamentale importanza per la gestione della crisi. «Sicuramente - ha detto - l’ottimale svasamento portato avanti con i colleghi del Veneto si è rivelato vincente e ha prodotto risultati positivi». Per quanto riguarda gli altri invasi del Pordenonese, ha posto in risalto la necessità di affrontare dei ragionamenti che partano da una precisa precondizione, ossia la tutela dell’incolumità delle persone. Facendo riferimento a quanto previsto dagli studi e dalle soluzioni individuate una trentina d’anni fa, ha ricordato la difficoltà nell’andare a discutere oggi la revisione di contratti già in vigore. «Tuttavia le condizioni di sicurezza devono imporci la necessità di dover comunque intervenire. La ex statale 251, seppur per tempi inferiori rispetto al passato, è stata interrotta perché la sede stradale era allagata. La zona del lago di Barcis sarà soggetta a importanti sghiaiamenti a partire da metà dicembre. Ma è importante evidenziare che le condizioni di gestione della concessione dei bacini artificiali sono difficili da cambiare. Cercheremo comunque di far valere tutta la nostra forza in considerazione del fatto che stiamo parlando della sicurezza e della mobilità delle persone».
Il vicegovernatore ha anticipato che nel 2020 la Regione «ha programmato di inserire in bilancio circa 100 milioni di euro destinati a finanziare una serie di interventi in quelle zone che necessitano di opere e apparecchiature per affrontare situazioni di crisi. Queste risorse vanno a sommarsi a tutti gli investimenti che la Regione ha compiuto nel tempo, senza i quali la conta dei danni sarebbe stata certamente molto superiore».
A Pordenone città, infine, sono pronti progetti per decine di migliaia di mila euro. Si tratta dell’implementazione delle opere di protezione idrica a Vallenoncello: tre sgrigliatori per altrettanti impianti «richiesti più volte», per un totale di circa 380 mila euro. Sono stati esclusi dai finanziamenti Vaia, ma il prossimo anno, assicura Riccardi, arriveranno.
«A nord di Pordenone – dicono il sindaco Alessandro Ciriani e l’assessore Cristina Amirante – si allagano le strade, come in via delle Villotte». La protezione civile ha stanziato 1,6 milioni per realizzare un canale a nord della Pontebbana: i lavori verranno eseguiti il prossimo anno. Il Comune ha presentato richieste per altri 250 mila euro di altri lavori perché a nord mancano le reti fognarie e quindi non ci sono drenaggi per l’acqua piovana che resta in strada e forma un canale.
Pordenone, infine, non si allaga perché, dopo la drammatica alluvione del 2002, sono stati eseguiti molti lavori di messa in sicurezza del territorio. —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto