Radio Mosca, e Baffone rassicurò un’italiana

In tempi meno astiosi ed economicamente più floridi degli attuali, sarebbe pronto il canovaccio per un film: protagonisti un ufficiale fascistissimo, sua moglie maestra elementare con simpatie comuniste e Giuseppe Stalin, sì proprio lui, il “mangiatore di bambini”. La vicenda si sviluppa durante la disastrosa campagna dell’Armir in Russia ed è narrata con comprensibile partecipazione dal figlio della coppia, Luigi Dell’Aglio, già apprezzato giornalista nelle redazioni romane del Gazzettino, del Giorno e dell’Avvenire, che ha dato alle stampe un libro dal titolo di per sé eloquente: Mamma, un messaggio di Stalin per te.
Nelle oltre 200 pagine edite da Progetto Cultura non ci si imbatte in ricordi fantasiosi, essendo l’insolita storia assolutamente vera, pur nei suoi risvolti densi di sentimenti imprevedibili, dei quali oggi per un insieme di motivi si avverte la carenza.
Non so quanto abbia influito nella fluidità dello scritto l’amore familiare dell’autore, ma in ogni pagina si colgono i fili di un legame che il passare degli anni, anziché attenuare, ha rafforzato tingendolo di toccante umanità, della quale beneficia – per così dire – anche la figura di Baffone, il gran capo di tutte le Russie, oggi ripudiato dai suoi compagni per le nefandezze di cui si è macchiato.
Il capitano Giovanni Dell’Aglio era un uomo tutto d’un pezzo; coerente con le sue convinzioni, non si separò dalla camicia nera e partì volontario per la Russia, sapendo a quali rischi sarebbe andato incontro.
Le sue vicissitudini furono inevitabilmente quelle di tutti gli uomini dell’Armir, l’armata italiana che nella seconda guerra mondiale pagò lo scotto più drammatico nei combattimenti, nel ripiegamento lungo il Don e nei campi di concentramento. Anche il capitano Dell’Aglio era stato fatto prigioniero e avrebbe potuto evitare molte peripezie se si fosse iscritto ai corsi di cultura antifascista (ai quali collaborava Palmiro Togliatti) ma li riteneva «cicli di catechismo ideologico marxista-leninista» e per ciò preferì affrontare le incognite di un futuro che non prometteva nulla di buono.
In Italia la guerra si era conclusa con la disfatta del fascismo e la tragica fine di Mussolini e dei gerarchi; nei due anni successivi si era compiuto anche il cosiddetto “regolamento di conti” tra le fazioni italiane e, approvata alla fine del 1947 la Costituzione, si preparavano le elezioni del ’48, con le quali si sarebbe arrivati a una scelta decisiva per la rinata repubblica: con l’Est, cioè con l’Urss, o con l’Ovest, cioè con l’America.
La famiglia del capitano Dell’Aglio era a ben altro interessata; erano trascorsi tre anni da quando la signora Alda non riceveva notizie sulla sorte del marito. L’impegno quotidiano era l’ascolto serale di Radio Mosca, una trasmissione che riferiva anche notizie su caduti, prigionieri e dispersi italiani dopo la tragedia del Don. Giorno dopo giorno, cresceva ovviamente la sofferenza di Alda e del figlio Luigi, che allora aveva 12 anni. I contatti quasi quotidiani con i dirigenti locali del Partito comunista non davano risultati, nonostante il loro fattivo interessamento. Alda a un certo momento ruppe gli indugi: inviò un accorato telegramma a Stalin chiedendogli notizie del marito, che nel frattempo aveva conosciuto le realtà di molti campi di prigionia ed era stato marchiato quale “criminale di guerra”.
Ogni sera, alle 20.30, arrivava nell’appartamento romano della famiglia, a basso volume per motivi di sicurezza, la voce di Radio Mosca. Mamma e figlio stavano attentissimi davanti alla Phonola nella speranza di sentire quel nome tanto atteso. Una sera del maggio 1947 ecco il “miracolo”: una voce chiara propaga nella stanza queste precise parole: «Messaggio del maresciallo Stalin per un’insegnante italiana, Alda Dell’Aglio. Suo marito, capitano Giovanni Dell’Aglio, sta bene e gode ottima salute. Firmato Josif Dzugasvili Stalin, segretario generale del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica».
La storia che racconta Luigi Dell’Aglio non ha per epilogo questo sorprendente episodio; la sua è Storia, cioè narrazione di fatti realmente accaduti, anche se intrisi di una vena di epos che l’arricchisce senza alterarne la veridicità. Ne deriva una lettura accattivante dal punto di vista letterario e opportuna per indurci a riflettere su un passato che non si può dimenticare.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto