«Questa strada è nostra» e scoppia una rissa fra prostitute: condanne per quattro anni

UDINE. Si sono contese a suon di botte e minacce il pezzo di strada sul quale da anni lavoravano. E quando la discussione si è spostata sul piano economico, quando, cioè le prostitute più “anziane” hanno preteso che le ultime arrivate consegnassero loro i guadagni, sono scattate le denunce. Accuse che il tribunale collegiale di Udine ha ritenuto fondate soltanto in parte.
E così, Alina Nanagulova, 21 anni, ucraina residente a Udine - l’unica delle donne coinvolte nel procedimento a non svolgere il mestiere più antico del mondo - è stata condannata a 2 anni di reclusione (pena sospesa) per tentata estorsione, reato che ha assorbito le percosse in cui è stata riqualificata l’ipotesi delle lesioni, ed è stata assolta dalla violenza privata che pure le era stata contestata per un episodio risalente alla primavera scorsa.
Quando - in tesi accusatoria – avrebbe minacciato di liberare un pit bull contro una delle ragazze presenti in viale Duodo. Identica la pena inflitta (e sospesa) ad Alice Tania Georgiana Epure, detta Alice, 30 anni, romena con domicilio in un affittacamere di Udine, per la quale il collegio (presidente Milocco, a latere Pecile e Carboni) ha ritenuto sussistente un altro tentativo di estorsione, ma non due presunte violenze private in cui avrebbe tentato di tenere una connazionale alla larga «dalla zona di meretricio tra piazzale Cella e via Grazzano».
La sentenza prevede anche la revoca dei domiciliari per l’ucraina e del divieto di dimora a Udine per “Alice”. Nell’inchiesta era stata indagata anche un’altra romena, la cui posizione è stata però stralciata, in quanto irreperibile.
Il pm Paola De Franceschi aveva chiesto due anni per entrambe, ma per tutte le imputazioni. L’avvocato Luca Arsellini, difensore di Nanagulova, ha parlato di una «presenza passiva» alla tentata estorsione, contestata in concorso con la prostituta irreperibile, escludendo che la violenza che ne seguì (colpì con un ombrello e calci una ragazza) fosse «strumentale» al conseguimento del denaro. Il collega Filippo Mansutti, difensore di Epure, ha insistito invece sulle incongruenze e la scarsa credibilità delle versioni rese dalle denuncianti. —
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