Quando Micheletto “perse”... un maiale a causa di una caduta

SACILE. Erano i “tempi di prima del motore” o quasi, quando Giovanni Micheletto da Sacile veniva considerato uno dei più forti ciclisti d’Europa. Gli venivano accostati solamente Luigi Ganna, lo straordinario vincitore della prima edizione del Giro d’Italia nel 1909, e Petit Breton, l’unico ciclista che si ricordi con il nome d’arte, tramandato per l’eternità.
Classe 1889, Micheletto vinse molto guadagnando tanto in ricchezza e in gloria sportiva, superando in ciò qualsiasi connazionale. Giovanni, tra l’altro, fu il primo corridore italiano ad aggiudicarsi una corsa in linea all’estero. Era la Parigi-Menin del 1913, una delle gare più prestigiose del periodo, sommando le attese dei due popoli più “ciclistici” della storia, il francese e il belga. Grazie a quella vittoria Micheletto venne celebrato per tutta la sua vita, conclusasi nel 1958.
Fra il Giro di Lombardia del 1910 e la prima tappa del Tour de France del 1913, le sue affermazioni più importanti prima e dopo il Giro d’Italia, Micheletto vinse molto, a volte anche... per sbaglio. Questo omone di 180 centimetri di altezza, con gambe esili su caviglie indistruttibili e inconfondibili baffoni sempre molto curati, era famoso per le sue stravaganze.
Se il soprannome di “Conte di Sacile”, dovuto alle maniere eleganti, è passato alla storia come le fughe dai festeggiamenti organizzati dai suoi concittadini, fa parte del personaggio pure quanto accaduto al Giro della Romagna del 1911. Con la maglia dell’Atala , vantando l’acuto al Giro di Lombardia di fine stagione 1910, il sacilese partiva fra i favoriti assieme a Petit Breton, il corridore più famoso del suo tempo. Il pluridecorato francese, però, dovette ritirarsi ancora prima di raggiungere Rimini. Il successo di Micheletto arrivò in volata su Pierino Albini e Giovanni Rossignoli. Si corse il 30 aprile.
Un curioso aneddoto fa sorridere a proposito del secondo grande successo della carriera professionistica del sacilese. Il primo premio messo in palio al Giro della Romagna era una preziosa medaglia d’oro, donata dal re Vittorio Emanuele III, con tanto di solenne iscrizione. Il trofeo più ambito dai corridori, compreso Micheletto, però, era il secondo: un maiale.
L’animale simbolo dell’opulenza finì con lo scatenare le brame dei concorrenti che sfoderarono molta più furbizia nel tentativo di tagliare il traguardo per secondi che potenza per arrivare primi. Alla sua maniera, Giovanni aveva preso la testa della corsa con buon anticipo sul traguardo, per amministrare la cercata defaillance nel finale, quella mossa decisiva a procuragli l’ambito maiale, il trofeo per il quale a Sacile avrebbero fatto festa i suoi familiari.
Fatto sta che, rallenta rallenta, Micheletto venne effettivamente superato da un altro ciclista. Controllata la rimonta di altri corridori, Giovanni già si fregava le mani dalla contentezza quando il battistrada incappò in una sfortunata quanto rovinosa caduta proprio in dirittura d’arrivo e Micheletto dovette accontentarsi del primo posto e della medaglia d’oro del re.
Questi e altri aneddoti saranno raccontati giovedì sera, alle 21, nell’ex chiesa di San Gregorio a Sacile nel corso della presentazione del libro Giovanni Micheletto, il conte di Sacile di Giacinto Bevilacqua (edizioni Sports15), pubblicazione sostenuta dai Comuni di Sacile e di Portobuffolè e dalla Pro loco di Portobuffolè.
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